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Mario Sandoval
Il Churrasco e il nome della tipica grigliata di carne che si mangia in Argentina, ma era anche il soprannome che portava Mario Sandoval, uno dei maggiori torturatori della dittatura che durò dal 1976 al 1983.
L'assonanza con la succulenta pietanza si riferiva infatti alla sua passione per una sevizia terribile: legare i prigionieri a letti di ferro e somministrare loro scariche elettriche.
Il 69enne Sandoval però ieri ha ricevuto la punizione per la sua ferocia. Il tribunale di Buenos Aires infatti lo ha condannato a quindici anni di reclusione. L’ex aguzzino e accusato di aver partecipato a vario titolo a più di 500 casi di tortura e omicidio di oppositori politici del regime militare anche se la sua condanna e relativa ad un solo episodio, il rapimento e la successiva scomparsa dello studente universitario di sinistra Hernán Abriata.
Quest'ultimo fu prelevato la notte del 30 ottobre 1976 da uomini in borghese e portato alla Scuola di Meccanica Marina, la ESMA, dove transitarono senza fare mai più ritorno a casa circa 5 mila oppositori che scomparvero durante la dittatura. Si presume che, come la maggior parte dei detenuti, Abriata sia stato messo su un aereo e gettato nell'oceano.
I magistrati argentini avevano le prove certe della colpevolezza di Sandoval solo per questo caso. La sentenza ha comunque un risvolto che fa ben sperare riguardo al fatto che la giustizia raggiunga altri torturatori rimasti in libertà. Sandoval infatti, dopo la fine della dittatura, era scappato in Francia, qui ha vissuto per trent'anni acquisendo anche la nazionalita transalpina, ma nel 2019 è stato estradato in Argentina dove ha subito il processo iniziato nel settembre di quest anno.
Il torturatore si sentiva sicuro grazie alla sua permanenza in Francia e credeva che ciò lo avrebbe protetto al pari delle leggi argentine sull’ impunita varate come un colo di spugna. per la Corte che lo ha giudicato però i fatti costituiscono crimini contro l'umanità. Cio, secondo il giudice Fernando Canero, non soddisfa la richiesta dell'imputato di considerare i fatti come prescritti Alla lettura del verdetto di colpevolezza nell'aula del tribunale di Comodoro si sono levate grida di gioia e lacrime.
Come quelle della vedova di Abriata, Monica Dittmar, che ha commentato a caldo: «Sono stati quarantasei anni di lotta, otto dei quali per ottenere la sua estradizione dalla Francia, non ci siamo mai arresi!».
Le parti civili avevano richiesto una pena che andava tra i venti anni di carcere e l'ergastolo. Più o meno quello che avevano messo in conto la Segreteria per i diritti umani e la Procura della Repubblica. Anche Sandoval ha commentato la sentenza in videoconferenza dalla prigione di Campo de Mayo, ribadendo la sua linea di difesa mantenuta per tutto il dibattimento e cioè quella di non essere l'uomo responsabile della sparizione dello studente: «Sono solidale con il dolore della famiglia, ma non sono l'ispettore Sandoval che ha arrestato Hernan Abriata».
Il torturatore pero si rifiutava di partecipare fisicamente alla maggior parte delle udienze e indossava una maschera anche quando era collegato da remoto ed era solo in una stanza. Un comportamento che ha sempre fatto infuriare i parenti delle vittime e la famiglia di Abrieta. Non a caso sempre Monica Dittmar ha dichiarato di essere piena di rabbia: «Abbiamo aspettato questo momento per così tanti anni, e vedere questo codardo nascondersi ancora e ancora, mi fa infuriare».