Si è svolta il 20 agosto scorso a Tunisi l'udienza di appello nel processo in corso contro l’avvocata tunisina Sonia Dahmani, in carcere dall’11 maggio 2024, quando venne arrestata all’interno della sede dell’Ordine Nazionale degli Avvocati di Tunisia (ONAT).

Il 6 luglio 2024 Sonia Dahmani è stata condannata a un anno di reclusione per “diffusione di notizie false” dalla giustizia tunisina per alcune affermazioni fatte nel corso della sua partecipazione ad una trasmissione televisiva avente ad oggetto la situazione politica e sociale della Tunisia, con riferimento all’arrivo di migranti dall’Africa subsahariana. Nel corso dell’udienza di appello, alla quale ha assistito, quale osservatore, un avvocato per conto dell’Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo (OIAD), i difensori di Sonia Dahmani hanno protestato per la sua mancata traduzione in aula, chiedendo con forza il rinvio dell’udienza, considerata l’espressa volontà della loro assistita di essere presente al dibattimento.

Secondo quanto riferito dai difensori la direzione del carcere le aveva imposto di modificare il proprio abbigliamento per poter entrare in aula, secondo requisiti umilianti, non previsti da alcuna normativa. La Dahmani aveva acconsentito a tali richieste, pur di partecipare all’udienza, ma la traduzione non era stata comunque disposta. La corte, che aveva intenzione di procedere in assenza dell’imputata, ledendo gravemente i diritti della difesa, alla fine, dopo le insistenti richieste dei difensori, ha deciso di rinviare l’udienza al 10 settembre 2024.

Il Consiglio Nazionale Forense, con un comunicato del 12 maggio scorso, aveva condannato le modalità con le quali era stato eseguito l’arresto della Dahmani, “operato da persone in abiti civili e con il volto coperto da passamontagna, che si sono introdotte con la forza nella sede dell’Ordine forense”, chiedendone l’immediata liberazione. Il Cnf nell’occasione aveva espresso la propria solidarietà all’Ordine Nazionale degli avvocati della Tunisia (ONAT), vincitore del premio Nobel per la pace 2015, quale componente del “Quartetto per il dialogo nazionale”, al quale il Cnf è legato da un accordo di cooperazione sottoscritto il 5 giugno 2015, chiedendo alle autorità tunisine la cessazione degli atti di repressione e intimidazione nei confronti dei colleghi tunisini.

Secondo le informazioni in possesso dell’Oiad sono più di 60 gli avvocati, giornalisti e oppositori politici che sono stati oggetto di inchieste giudiziarie in Tunisia. L’Osservatorio degli avvocati in pericolo ha chiesto al governo tunisino di rispettare il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che la Tunisia ha ratificato nel 1969, ed in particolare l’articolo 19, paragrafi 1 e 2, che tutela la libertà di espressione dei cittadini, esortando altresì la Autorità ad applicare i principi fondamentali delle Nazioni Unite relativi al ruolo degli avvocati, con specifico riferimento al principio 23 in base al quale: “Gli avvocati, come tutti gli altri cittadini, devono godere della libertà di espressione, di credo, di associazione e di riunione. In particolare, essi hanno il diritto di partecipare a discussioni pubbliche riguardanti la legge, l’amministrazione della giustizia e la promozione e protezione dei diritti umani, e di aderire a organizzazioni locali, nazionali o internazionali”.