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Caro Piero, caro Dubbio, è molto bello, appassionato, puntuale, l’appello di Roberto Saviano su Repubblica perché Radio Radicale non sia spenta. Saviano coglie la questione essenziale: il diritto civile e umano alla conoscenza. A essere messi nella condizione di sapere. A essere messi nella condizione di essere conosciuti. Peccato capitale, quello della conoscenza, l’aspirazione al “sapere”. La Bibbia comincia con il famoso albero della conoscenza, i cui frutti, per divino divieto esplicito, non devono essere mangiati. Eva ed Adamo sono puniti proprio perché violano questo divieto: mangiano e gustano il piacere e il potere della conoscenza.
Da sempre il “potere” – e non necessariamente nelle sue declinazioni totalitarie – considerano colpa grave raccontare la storia, tenere viva la memoria, difenderla dall’usura del tempo, dalle manipolazioni del potere.
Che la furia di questo governo – per usare l’espressione di Saviano – si sia abbattuta su Radio Radicale, su Avvenire, su il manifesto, per certi versi è una medaglia al valore da esibire. Non consola per nulla, ma è un implicito/ esplicito riconoscimento.
Saviano riconosce il valore dell’ultima battaglia di Marco Pannella, quello appunto per il diritto alla conoscenza, e ricorda che nel 1975 ha fondato la radio, “organo di informazione fondamentale”.
Molto altro, ha fatto Pannella. Dobbiamo a lui, a Loris Fortuna e Mauro Mellini, se l’Italia ha una legge che consente a una coppia “scoppiata” di potersi rifare una vita. Dobbiamo a lui, a Luigi De Marchi e alla sua Aied, se gli anticoncezionali sono prodotti di uso comune che ci risparmiano gravidanze non desiderate. Dobbiamo a lui, ad Adele Faccio, Fortuna, Giorgio Conciani, Emma Bonino, se le donne possono, se vogliono, interrompere una gravidanza non desiderata senza incorrere in sanzioni penali, senza far ricorso alle mammane o ai “cucchiai d’oro”. A Pannella dobbiamo tantissime cose, per quel che riguarda tutto l’immenso catalogo dei diritti civili e umani: il voto ai diciottenni, il nuovo diritto di famiglia, le battaglie per la giustizia giusta, perché il presunto “diverso” non sia demonizzato come certo “perverso”, un diverso regime manicomiale… Non per un caso, a fianco di Pannella troviamo, di volta in volta Elio Vittorini e Ignazio Silone, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia, Enzo Tortora e Domenico Modugno… Ascoltate l’ultima canzone di Vasco Rossi, “La Verità”: sembra di sentire un filo diretto alla Radio Radicale di Pannella… Non è certo un caso che ogni anno, da anni, il Blasco rinnovi l’iscrizione al Partito Radicale… Già: perché Pannella è stato cuore, cervello, anima, motore di mille cause buone e giuste. Ma soprattutto ha creato, in anni lontani, un “qualcosa” ancora oggi di unico, prezioso: lui e poche decine di “pazzi” come lui ha creato il Partito Radicale. Un “calabrone” della politica che vola da anni, sfidando ogni possibile legge di gravità. Pensate: chiunque si può iscrivere, non importa dove venga, cosa abbia fatto. Angelo o demonio che sia, la sua domanda può solo essere accolta, non discussa. Chi paga il “biglietto” della quota di iscrizione sale sull’autobus radicale, e fa il percorso della durata che ritiene utile fare. Nessuno lo può espellere: non esiste la possibilità di farlo, perché non ci sono probiviri, “tribunali” di valutazione del “corretto”… Riunioni e congressi sono aperti: tutti possono partecipare, intervenire, proporre documenti, votare… Quanto può durare un partito organizzato in questo modo sregolato? Poche settimane, pochi mesi, qualche anno? Beh, va avanti da oltre cinquant’anni. Piccolo vascello corsaro che ogni minuto rischia di affondare, ma rimane sempre a galla; mentre altre poderose corazzate si inabissano e naufragano miseramente, o rimangono intrappolate in paralizzanti mari dei Sargassi… Ma le idee, per quanto geniali e superlative, camminano sulle gambe delle persone; e più che mai quando si tratta di dare corpo e vita a una politica che non sia politicante. Così a volte Pannella e il Partito Radicale hanno lanciato un guanto di sfida a se stessi e alle persone di buona volontà che pur ci sono, isolate, apparentemente “sole”: la sfida era, è: aiutateci per aiutarvi. Negli anni 70: o mille iscritti, o si chiude; e l’obiettivo venne centrato. Chi scrive in quell’occasione si mise in tasca la prima tessera radicale, il simbolo era ancora quello della donna con il berretto frigio, disegnato da Mario Pannunzio. Poi, anni dopo: o diecimila o si chiude la baracca; anche quella volta la scommessa si vinse. Non era per un mero dato numerico: è che mille, diecimila adesioni di quegli “isolati” “pazzi” non domi, in quel momento storico e politico, costituivano la base minima per poter continuare a fare quello che ci si era posti come obiettivo: per acquisire quelle riforme, quella “giustizia con la nonviolenza” che avrebbe migliorato, come ha migliorato, il paese e tutti noi.
Pannella ci ha lasciato, resta il Partito Radicale: con le stesse ambizioni, aspirazioni, gli stessi obiettivi: ancora oggi si chiede un gesto di fiducia, un attestato di speranza. L’obiettivo che ci si è posti per la fine dell’anno è: tremila iscritti radicali. Radicali come sostantivo, non come aggettivo.
Per l’esperienza del passato, per la preoccupazione per il futuro, per la conoscenza del presente, dovrebbe esser cosa “naturale”, perfino facile, che tremila “pazzi” decidano di assicurare se stessi e il paese con la “polizza” Partito Radicale: costa l’equivalente di un caffè al giorno. E invece no, si fa fatica. Possibile che non ci siano tremila persone che, grati a Pannella e al Partito Radicale per quello che hanno fatto, e perché sono, tuttora, l’architrave di quella fondamentale battaglia politica per la conoscenza individuata da Saviano? E ancora: possibile che tutto ciò non sia considerato elemento di riflessione, dibattito, confronto pubblico? Nei talk show si discute di tutto e di più; ma non uno che sia uno che decida di dare voce e “conoscenza” a quei pazzi di radicali che – a torto o a ragione – chiedono si lanci loro una ciambella di salvataggio per poter continuare a operare, esistere e vivere ( e non limitarsi a sopravvivere).
È possibile che molti pensino, credano che ci sia un piano B, una rete di sicurezza. Si sbagliano. Se in almeno tremila, entro il 31 dicembre, non faranno questa “affermazione” di coscienza, il Partito Radicale chiude i battenti. Ci saranno, indubbiamente, dei soddisfatti, e per primi chi, invece di mettere a frutto le opportunità della politica, pratica la politica delle opportunità; ci sono poi i sostanziali indifferenti, lamentosi per professione e vocazione, e che però al dunque restano fermi a guardare; quelli che a Milano chiamano “gli eroi della sesta giornata”. Ma ci sono anche tanti che si sentono “orfani” e “traditi”, delusi e amareggiati. A loro, alla Pascal, si può chiedere di fare un’ultima “puntata”. Cos’hanno da perderci? Nulla. Cosa ci possono guadagnare? Tanto. E a Saviano, ai tanti Roberto Saviano: non credono che, come dicono gli inglesi, ogni attestazione di solidarietà vada accompagnato da almeno un penny? Il penny di oggi si chiama iscrizione al Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale, Transpartito. Quello fondato da Marco Pannella, e che ha dato vita a Radio Radicale.
Caro Piero, caro Dubbio, voi ci state? Alla Hegel, siamo al “Hier ist die Rose, hier tanze” ( Qui c’è la rosa, qui ballo ndr.); letteralmente.