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È il 1984, Catrina Burks ha 10 anni quando suo padre, Andrew Leander Wilson viene arrestato per omicidio. Meno di due giorni fa Catrina riceve una chiamata da uno degli avocati del padre: «Lo rilasciano. Forse oggi stesso». Dalla sua casa in Michigan ha guidato correndo all’aeroporto di Chicago e da qui ha preso il primo volo per Los Angeles. Cosí, all’età di 43 anni ha riabbracciato suo padre Andrew L. Wilson, che ha passato 32 anni in prigione per un omicidio che non ha commesso. La giudice Laura Priver ha rigettato l’accusa di omicidio evidenziando «diversi errori» e occultamenti tra le prove fornite alla difesa, sottolineando che Andrew L. Wilson è stato privato di un processo giusto.
Quando parlavano al telefono in questi anni, Andrew diceva spesso a sua figlia che «non la sentiva di buon umore». Il tempo si era fermato a quando Catrina Burks era una bambina. Ma Catrina Burks cresceva, si era sposata, aveva avuto cinque figli, aveva visto un figlio morire in un incidente, e la madre morire nel 2003 infelice per non aver ricevuto la notizia dell’innocenza del marito.
Dopo due anni di duro lavoro, gli avvocati di Andrew Wilson, oggi 62enne, assieme alla Loyola Law School’s Project for the Innocent, una università che si occupa di casi di incerta colpevolezza, hanno acquisito prove sufficienti per convincere il giudice a rigettare l’accusa di rapina e omicidio per accoltellamento di Christopher Hanson. Avvocati e studenti della Loyola Law School hanno rovistato per portare alla luce prove che erano state tralasciate o occultate durante il processo alla difesa: Christopher Hanson era stato accoltellato e derubato nel suo camioncino, accanto a lui c’era la fidanzata 17enne Saladena Bishop. Ma inizialmente la ragazza non avrebbe mai accennato ad Andrew Wilson, afroamericano tanto per cambiare. Ne avrebbe parlato solo dopo che un poliziotto gli aveva mostrato una sua foto segnaletica. Inoltre Saladena Bishop aveva già presentato una denuncia per sequestro che la polizia aveva capito essere fasulla. E per finire la testimonianza di un caro amico della Bishop rivelava che Saladena aveva già accoltellato una volta il fidanzato.
All’uscita di prigione, martedí scorso, c’erano la figlia e i nipoti, che mai lo avevano incontrato, la sorella che appena lo ha visto gli ha baciato le mani, e tanti giornalisti. Sorridente e con una maglietta della Loyola Law School, alla domanda se era amareggiato Andrew Wilson ha risposto così: «Il mio caso è un incoraggiamento, non mollate, continuate a lottare», ha detto rivolto a chi è dietro le sbarre, «È quello che vuole il sistema: vuole che molliate». Annullata la condanna, nel prossimo futuro un altro giudice dovrà convalidare la sua innocenza e stabilire che accadde esattamente quella notte. Nel frattempo, le idee di Andrew appena uscito di prigione sono chiare: «Voglio mangiare un hamburger e andare a trovare mia madre di 96 anni, un vecchio pitbull».