PHOTO
Molto duri i vescovi italiani con il Presidente del Consiglio a proposito della decisione di non consentire la ripresa delle celebrazioni liturgiche nelle chiese, che veniva data per scontata. Dopo un periodo nel quale la Chiesa italiana era sembrata mostrare un certo apprezzamento per l’atteggiamento di Conte, la mancata autorizzazione alla ripresa delle messe domenicali è giunta del tutto imprevista. Non è chiaro perché non sia stato giudicato possibile immaginare misure di tutela per i fedeli nelle chiese analoghe a quelle predisposte per i lavoratori in fabbrica e per i clienti dei supermarket. L’irritazione dei vescovi proviene anche dal sospetto che le limitazioni che attualmente impediscono lo svolgimento dei riti pubblici si fondino su una cultura della sottovalutazione dei valori che stanno alla base dell’esperienza religiosa. La gestione del contagio verrebbe fatta su basi del tutto materialiste, quasi ottocentesche. La libertà di culto rappresenta uno dei fondamenti delle moderne democrazie liberali, si affianca a quelle di manifestazione del pensiero e di movimento e gode di una forte protezione all’interno della nostra Costituzione: agli articoli 7, per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, e 8 per le altre confessioni, anche per la regolamentazione dei rapporti con le quali è comunque posta la riserva di legge, accompagnata dalla richiesta di accordi. La forma con la quale il presidente Conte stabilisce da alcuni mesi limitazioni alle libertà fondamentali dei cittadini, quella della decretazione da parte del Presidente del Consiglio, si presenta come del tutto inadeguata in un contesto nel quale la Costituzione stabilisce con precisione una riserva di legge che esige il controllo da parte del Presidente della Repubblica e la garanzia di una pronta ratifica da parte del Parlamento. L’insipienza delle opposizioni, attente piuttosto a occuparsi dei rapporti con l’Europa e poco sensibili alla tutela della garanzie di libertà personale, ha fatto passare sotto silenzio la questione della legittimità dell’operato di Conte, che è stata sollevata solo dai radicali e da qualche opinionista, ma è in realtà di primaria importanza. Soprattutto in una situazione che non accenna a sbloccarsi e nella quale si prospettano decisioni quali l’imposizione di norme che limitano la libertà di movimento su base selettiva, di età o di professione o di domicilio. A volte chiamare le cose con il loro nome risulta utile. Conte sta limitando libertà di livello costituzionale, come quelle di spostamento e di culto, con provvedimenti di natura amministrativa.