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Cesare Battisti al suo arrivo in Italia
Cesare Battisti era in “Alta sorveglianza”. Con provvedimento del Dap passa allo status di “detenuto comune”. Cambia poco. Non significa che sta per ricevere un permesso premio. Né che otterrà a breve la liberazione condizionale. Semplicemente, la sua vita di recluso migliorerà un po’, nel senso che potrà incontrare, nell’ora d’aria, altri detenuti. Basta però un provvedimento dall’impatto tutto sommato irrilevante per il mondo esterno a scatenare la reazione furente di parte della politica, e in primo luogo di Fratelli d’Italia. È il responsabile Giustizia del partito uscito vincitore dalle elezioni, Andrea Delmastro, a tuonare infatti contro il Dap guidato da Carlo Renoldi: «Ultimo soccorso al terrorismo rosso. Una aberrazione! Dopo anni di latitanza, appena assaggiato il regime carcerario italiano il criminale terrorista ottiene la declassificazione a detenuto comune. Una vergogna!». «Ancora più una vergogna», secondo Delmastro, «che il Dap stia prendendo questa gravissima e scellerata decisione a pochi giorni dal cambio del governo». Renoldi avrebbe dato, secondo Delmastro, un segnale gravissimo. In realtà la decisione del Dap è conseguenza non solo delle istanze presentate dal difensore di Battisti, Davide Steccanella, ma anche di un’interrogazione parlamentare. Era stata la deputata del Pd Enza Bruno Bossio, che proprio oggi ha scoperto di essere stata beffata del rosatellum e di non risultare più fra i rieletti, a rivolgere lo scorso 21 luglio l’atto di sindacato ispettivo al ministero della Giustizia. Esprimeva «perplessità» per la scelta di tenere ancora Battisti in Alta sorveglianza, a tre anni dalla fine della latitanza e dalla riconsegna alle autorità italiane. Soprattutto perché i reati per i quali l’ex capo dei Pac è stato condannato «risalgono a più di quarant’anni fa e sono avvenuti in un particolare contesto politico e sociale». Bruno Bossio aveva esortato via Arenula ad assumere iniziative anche «di carattere ispettivo» per verificare «eventuali irregolarità e/o anomalie nella gestione del detenuto Cesare Battisti». Di certo, l’avvocato Steccanella, fa notare come fosse «incomprensibile» la permanenza di Battisti nel regime di Alta sorveglianza: «Gli ultimi reati li ha commessi nel 1979: pensiamo possa riorganizzare dal carcere la lotta armata?». E liquida le critiche venute da FdI come una «strumentalizzazione politica». Reazioni contrariate arrivano pure da Jacopo Morrone della Lega, secondo il quale già il trasferimento dal carcere di Rossano all’istituto in cui Battisti si trova adesso, quello di Ferrara, andrebbe considerato un «trattamento particolare». Parole di amarezza sono rilasciate alle agenzie da familiari di vittime del terrorismo come Alberto Torreggiani. Ma nella vicenda pesa anche un non detto: Renoldi, magistrato che Marta Cartabia ha voluto alla guida delle carceri contro il parere di molti partiti, oltre ad essere tra i migliori conoscitori del sistema penitenziario è anche una figura culturalmente connotata a sinistra. Circostanza che sembra contribuire a polarizzare i punti di vista su Battisti. La polemica per la “declassificazione” ha tutta l’aria di essere destinata ad annunciare l’addio di Renoldi al Dap. C’è una distanza politica che era già riaffiorata nei giorni scorsi, con gli attacchi di un sindacato degli agenti, il Sappe: attriti che il caso di un ex terrorista rosso come Battisti poteva solo esasperare. Al punto da far trascurare le ragioni di diritto su cui si è basata la decisione del Dap.