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Torino, manifestazione per chiedere la liberazione della giornalista Cecilia Sala
«Violazioni delle leggi della Repubblica islamica». È la formula scarna e generica con cui il regime iraniano ha confermato ufficialmente l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, avvenuto lo scorso 19 dicembre e reso pubblico solo il 27 dicembre.
Il fatto di non aver ancora formulato un capo d’accusa circoscritto, conferma da parte delle autorità di Teheran la chiara volontà di utilizzare Sala come una pedina per un possibile scambio con l'ingegnere iraniano Mohammad Abedini-Najafabad, detenuto in Italia dal 16 dicembre sulla base di un mandato internazionale e con una richiesta di estradizione avanzata dagli Usa, che lo ritengono tra i fornitori di sostegno tecnico ai responsabili dell'attentato a una base dell'esercito americano nel Nord della Giordania, che lo scorso gennaio ha provocato la morte di tre militari.
Ciò, evidentemente, rende il percorso verso una soluzione positiva del caso più complicato, come ha ricordato già più volte il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il quale due giorni fa ha ammesso che «non sono ipotizzabili tempistiche per il rilascio». «Cecilia Sala, cittadina italiana», recita una nota dell'agenzia ufficiale di Teheran Irna, «si è recata in Iran il 13 dicembre con un visto da giornalista ed è stata arrestata il 19 dicembre per violazione della legge della Repubblica islamica dell'Iran». «Il suo caso», prosegue la nota, «è sotto inchiesta, l'arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l'ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l'accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia». «Se il sistema giudiziario lo riterrà», conclude la nota, «maggiori dettagli verranno comunicati in seguito».
Con Washington che spinge per l'estradizione, atto che verosimilmente chiuderebbe la porta a un rilascio nel breve termine della giornalista, la possibilità che si sblocchi la situazione è legata al mutamento delle condizioni di detenzione di Abedini, ed è quello su cui si starebbe lavorando in queste ore a via Arenula. Una scarcerazione disposta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio faciliterebbe ovviamente un'analoga misura per Sala ma creerebbe un incidente diplomatico tra Roma e Washington, così come la concessione dei domiciliari potrebbe non bastare, ma anche aprire ad una fuga di Abedini.
In una dichiarazione concessa al quotidiano La Repubblica, un portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha accusato Teheran di «detenere ingiustamente i cittadini di molti altri Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è alcuna giustificazione per questo e dovrebbero essere rilasciati immediatamente. I giornalisti», ha concluso lasciando intendere di non voler ritirare la richiesta di estradizione, «svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose, e devono essere protetti». L'istanza per i domiciliari, intanto, è stata formalmente avanzata dall'avvocato italiano dell'ingegnere iraniano, Alfredo De Francesco, che ha indicato anche un'abitazione dove l'ingegnere può essere trasferito.
Normale dunque che in un tale scenario, fortemente condizionato dalle numerose crisi internazionali, l'affaire Sala sia anche spunto per polemiche politiche domestiche, che si innestano anche sulla linea di politica estera che alcune forze politiche stanno assumendo. «Quella di Cecilia Sala», osserva la parlamentare pentastellata Vittoria Baldino, «è una questione estremamente delicata perché delicato è lo scacchiere geopolitico di fronte alla quale ci troviamo. Tuttavia ci sono delle considerazioni politiche da fare: il destino, la vita, la libertà di una nostra connazionale dipendono in questo momento da interessi americani, dai nostri alleati. E se siamo alleati non lo siamo solo quando bisogna rispettare il 2 per cento delle spese militari, oppure quando bisogna continuare ad alimentare una guerra per procura come il conflitto russo ucraino, oppure quando non esprimiamo una parola di condanna verso un criminale di guerra come Netanyahu perchè è amico degli americani». «Se siamo alleati», prosegue Baldini, «lo siamo anche quando dobbiamo pretendere la liberazione di una nostra connazionale che ora si trova in una situazione difficile in un contesto di intrigo internazionale che vede coinvolti proprio gli Stati Uniti».
Replica indirettamente il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri: «Credo che in queste ore», ha osservato, «meno si alimentino le polemiche e più sarà possibile arrivare a un esito positivo di questa vicenda molto dolorosa per l’atteggiamento iraniano. Ma sarà il Ministero degli Esteri, in un contesto molto complesso e articolato, ad assumere le decisioni più utili per garantire la immediata liberazione di una donna che non ha nessun motivo per essere perseguitata in questa maniera così grave e intollerabile».
Più o meno su questa linea anche il leader di Azione Carlo Calenda, per il quale «il ruolo del governo in questo momento è trattare in modo riservato e riportare Cecilia Sala a casa, non alimentare sterili discussioni». «L’ultima, ma proprio ultima, cosa che serve», aggiunge Calenda, «sono le polemiche da pollaio politico. Gli haters fanno schifo e lo sappiamo. Le opposizioni responsabili seguono la vicenda con discrezione e attenzione».