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Caso Cucchi. Altri otto militari dell’Arma a processo per il depistaggio sulle cause della morte di Stefano Cucchi. Si apre, dunque, il quarto dibattimento per la morte del 31enne geometra romano, avvenuta all’ospedale Sandro Pertini sei giorni dopo l’arresto per detenzione di stupefacenti il 22 ottobre 2009, dopo esser stato picchiato in caserma.
Alla sbarra, dal 12 novembre, si troveranno il generale Alessandro Casarsa, attualmente in pensione, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, accusato di falso ideologico per aver dato l’input a modificare due annotazioni di servizio relative allo stato di salute di Cucchi, il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del nucleo operativo di Roma, accusato di omessa denuncia, Francesco Cavallo, all'epoca dei fatti tenente colonnello capoufficio del comando del Gruppo Roma, Luciano Soligo, già comandante della Compagnia Montesacro, Massimiliano Colombo Labriola, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, all'epoca in servizio a Tor Sapienza, Tiziano Testarmata, già comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo e il carabiniere Luca De Cianni.
Le accuse sono, a vario titolo, falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. «Oggi è un momento veramente storico - ha affermato al termine dell’udienza Ilaria Cucchi, sorella di Stefano - Dieci anni fa mentre ci battevamo in processi sbagliati non immaginavamo quello che stava avvenendo alle nostre spalle e sulla nostra pelle. Ed è merito del carabiniere Riccardo Casamassima se tutto è cominciato e oggi per quei fatti qualcuno sarà chiamato a riferirne in aula di tribunale».
Annotazioni modificate. Secondo l’accusa, «Casarsa, rapportandosi con Soligo, sia direttamente sia per il tramite di Cavallo, chiedeva che il contenuto della prima annotazione fosse modificato nella parte relativa alle condizioni di salute di Cucchi». Da qui una serie di modifiche e annotazioni di servizio falsate. Reati compiuti «con l'aggravante di volere procurare l'impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso».
Davanti al gup, Carsara si era difeso affermando di aver avuto informazioni mediche unicamente dal Comando provinciale, chiamando in causa - senza nominarlo - il generale Vittorio Tomasone, ex comandante provinciale di Roma, suo diretto superiore. Lo stesso che, nella deposizione del 27 febbraio scorso in qualità di testimone, ha negato di essersi mai interessato delle questioni medico- legali legate alle cause della morte di Cucchi.