PHOTO
Quanto siano gravi, drammatiche, sia l’emergenza sanitaria sia la crisi economica che ne deriva, è ben chiaro al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. La seconda carica dello Stato mostra di comprendere anche come il disagio riguardi, in modo indistinto, tutti, anche i professionisti. Di fronte alla tragedia e alla paralisi causate dal coronavirus, Casellati decide dunque di «rivolgere un appello alle Casse professionali affinché sospendano tutti i versamenti dovuti per l’anno 2020. Un’agevolazione necessaria», secondo il presidente del Senato, «per tutti i liberi professionisti italiani, un grande capitale umano che da sempre supporta l’ossatura economica del sistema- Paese». Il vertice di Palazzo Madama ricorda come tutte le professioni «in questo momento, al pari delle famiglie e delle aziende» soffrano «gli effetti di una grave congiuntura, la cui durata purtroppo, supererà la fine dell’emergenza sanitaria». Così si dice «certa che anche le Casse professionali faranno la loro parte, dando un segnale di forte attenzione e di responsabilità nei confronti dei propri iscritti».
Proprio sul ruolo degli enti di previdenza si gioca una parte notevole delle istanze rivolte, subito dopo l’emanazione del decreto Cura Italia, al governo da tutte le professioni. Anche dall’avvocatura, che ha preparato, attraverso il Cnf, due documenti con proposte relative sia ad aiuti economici sia a interventi sull’attività giudiziaria. Si tratta di una vera e propria piattaforma messa a punto in condivisione con tutte le rappresentanze forensi: innanzitutto l’Ocf, che aveva preparato un ventaglio di ipotesi sottoposte proprio a Cassa forense, quindi con l’Associazione italiana giovani avvocati e tutte le associazioni specialistiche. Proprio da una di queste, l’Unione nazionale delle Camere civili, è arrivata ieri una nota che riassume le principali ipotesi di agevolazione economica e fiscale per gli avvocati, e che fa notare come lo stesso «quadro normativo europeo di riferimento» sia «radicalmente cambiato» rispetto alle prospettive che, solo pochi giorni addietro, avevano ispirato il Dl Cura Italia. Secondo i civilisti «appare perciò dannosa l’esclusione di intere categorie economiche che, come tutte le altre, contribuiscono alla fiscalità generale e all’andamento dell’economia del Paese, riducendo in tal modo l’efficacia del decreto stesso».
Ma nel pieno di un vorticoso susseguirsi fra provvedimenti emergenziali, l’avvocatura si fa carico anche del rischio di squilibri a carico dei contribuenti rispetto al contenzioso con l’erario. A occuparsene è l’Unione nazionale degli avvocati tributaristi, che diffonde a propria volta un comunicato per avvertire come sia necessario «aggiustare» in sede di conversione alcune disposizioni del decreto Cura Italia, per creare una «coerenza d’insieme» ed «evitare, come spesso è accaduto, che si formi successivamente un corposo contenzioso». In particolare l’Uncat, in un documento inviato ieri alla commissione Bilancio del Senato, al Mef, all’Agenzia delle Entrate e al Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, mette in rilievo la «necessità» di «allineare i termini» delle attività degli uffici finanziari spostati al 31 maggio e quelli di sospensione di natura processuale fissati al 15 aprile. Inoltre l’Unione che riunisce gli avvocati tributaristi chiede che «anche per i versamenti scaduti prima dell’ 8 marzo sia prevista la paralisi dell’attività di riscossione coattiva quanto meno limitatamente al periodo di sospensione ( fino al 31 maggio) stabilito dall’articolo 68» del decreto Cura Italia.
E adesso, proprio a un Parlamento ritenuto finora disarmato di fronte all’inarrestabile sequenza di misure adottate direttamente dall’esecutivo, toccherà riaggiustare, come chiedono gli avvocati, quelle parti del Cura Italia che hanno lasciato zone d’ombra. Sia sul versante del sostegno economico ai professionisti sia per l’amministrazione della giustizia.