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Mentre il Movimento 5 Stelle prova a stemperare «polemiche inutili e pretestuose» sull’intervento di Davide Casaleggio all’Onu, alleati e opposizioni continuano a parlare di «conflitto d’interessi». I grillini assicurano che «la partecipazione era già stata programmata con l’allora ministro degli Esteri, Enzo Moavero», ma fonti della Farnesina, citate dal Messaggero, smentiscono la ricostruzione. E nel giallo dell’invito si arricchisce di sospetti il quesito degli avversari politici: a che titolo il figlio del “fondatore” M5S ha parlato a New York?
Secondo Marco Canestrari, ex dipendente della Casaleggio Associati e autore, insieme a Nicola Biondo di Supernova ( Ponte alle Grazie, 2018) e Il sistema Casaleggio ( Ponte alle Grazie, 2019), le anomalie di questo intervento sono più d’una. A partire dai ruoli ricoperti dall’imprenditore 5S.
«Davide Casaleggio indossa due casacche: la prima come presidente dell'Associazione Rousseau, ente commerciale che gestisce l'omonima piattaforma e unità organizzativa del Movimento 5 Stelle, la seconda come presidente della Casaleggio Associati, azienda di famiglia che si occupa di ricerche nello stesso ambito degli argomenti che andrà a trattare a New York», spiega Canestrari.
«Per questo è incredibile che il governo italiano, di cui il suo partito è primo azionista, gli organizzi uno speech su temi verso i quali sia la sua associazione che la sua società potrebbero avere interessi economici», dice l’ex dipendente della società milanese, che ci tiene a sottolineare la natura commerciale dell’associazione che gestisce la piattaforma Rousseau.
«È un ente commerciale perché lo è a livello fiscale, cioè paga l’Iva per un servizio che rende ai parlamentari». Di conseguenza, «è evidente che Casaleggio ha tutto l'interesse a promuovere i suoi servizi e un palcoscenico come le Nazioni unite è un'opportunità che i suoi concorrenti non possono avere perché non hanno un partito», è il ragionamento del programmatore/ scrittore.
Eppure, il capo di Rousseau non è andato a New York per vendere un prodotto, è stato invitato all’Onu per parlare di cittadinanza digitale, argomento sul quale ha pieno titolo per intervenire. La democrazia diretta su una piattaforma on line sperimentata in Italia ha fatto scuola anche all’estero, e in molti guardano a Rousseau come a un esempio intressante da approfondire.
Anche su questo, però, Canestrari ha qualcosa da ridire. «Casaleggio non è un esperto di partecipazione dal basso, non è un tecnico, è laureato in Economia alla Bocconi», insiste, «e il suo esperimento è stato per certi versi disastroso: la piattaforma Rousseau è stata multata due volte dal garante della privacy per carenze tecniche e manageriali sulla gestione dei dati». Approcciarsi al figlio di Gianroberto come a un intellettuale della cittadinanza digitale, secondo lo scrittore, è dunque un errore. Casaleggio andrebbe considerato prevalentemente un imprenditore.
La società di famiglia «si occupa di consulenze nell'ambito della comunicazione e della tecnologia», aggiunge. «Il punto però non è ciò che produce, ma chi sono i clienti della Casaleggio e chi sono gli sponsor degli eventi: società pubbliche, banche, riviste. Tutti soggetti con interessi importanti nel nostro paese. Magari sarà un caso, ma nell'ultimo anno, cioè da quando il Movimento 5 Stelle sta al governo, il fatturato della sua azienda è raddoppiato e l'utile quasi decuplicato», ricorda Canestrari, convinto anche della possibilità di conflitti di interesse potenziali.
«Se una multinazionale di qualunque paese ha interessi economici in Italia, da chi va a farsi fare una consulenza sulla comunicazione? Dal più bravo o dall'imprenditore che gli può presentare il ministro?», si chiede. I grillini, dal canto loro, dicono di guardare «al futuro» e lavorare a «difesa dei più deboli che ancora non possono accedere ai diritti fondamentali», come accesso libero alla rete, identità digitale ed educazione alla cittadinanza digitale. «Ma c’è ancora chi in Italia continua, imperterrito, a creare ad arte polemiche sterili e strumentali, utili solo a fare un po’ di rumore». Ma il boato, ormai, si è sentito.