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«All’interlocuzione con il Ministro ci sarà un’avvocatura compatta. Gli interventi non possono che essere limitati alle proposte già condivise al primo tavolo: l’attuale disegno di legge comprime i diritti della difesa e fa fare al sistema processuale enormi passi indietro. L’Avvocatura non lo può consentire». Non accetta compromessi al ribasso Eriberto Rosso, segretario della Giunta dell’Unione delle Camere penali, non quando si parla di diritti. Ed è così, dunque, che l’avvocatura ha intenzione di presentarsi al tavolo riaperto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, così come richiesto dal presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, per rilanciare il confronto con magistratura e avvocatura sul processo penale.
Che tipo di avvocatura si troverà davanti il ministro? Unita, per chiedere di riprendere le proposte già condivise nel corso del primo tavolo, ovvero il rilancio dei riti alternativi, l’effettività della funzione di filtro dell’udienza preliminare, la depenalizzazione, tutte cose che nel progetto attuale sono state annacquate o tradite e questo è davvero inaccettabile. Si è scelto di convocare Magistratura e Avvocatura ed anche l’Accademia dopo il passaggio in Consiglio dei Ministri, ma noi non demorderemo.
Quali sono i punti che andrete a contestare? Tutto ciò di cui non si è mai discusso e che non è stato condiviso da avvocati e magistrati. Penso, ad esempio, al giudizio abbreviato condizionato: l’orientamento era quello di trovare nuove regole per l’ammissione della prova basate sui concetti di rilevanza, novità, specificità. Nella versione approvata dal Consiglio dei ministri si è mantenuto il riferimento all’economia processuale, in un’ottica solo efficientista. Questo è inaccettabile, come inaccettabile è rendere ordinaria l’impossibilità di riassunzione della prova nel caso di modifica della composizione del collegio giudicante. Tutte regole contrarie ai principi del giusto processo e che nulla hanno a che vedere con la ragionevole durata. Si ipotizza di reintrodurre la esposizione introduttiva, cioè la possibilità per l’accusa di dar conto prima dell’assunzione della prova dei risultati raccolti in indagine. Questa è modalità abrogata con la riforma del giusto processo, proprio perché incompatibile con la genuinità dell’attività del Giudice.
Muoverete critiche anche sulla prescrizione? La disciplina concepita viola la presunzione di innocenza: non può esserci un imputato che è un po’ più colpevole di un altro solo perché è intervenuta una sentenza di responsabilità in primo grado. Chi aveva e ha ancora la possibilità di fermare quella sciagurata riforma lo deve fare. Noi, al tavolo, andremo a discutere le norme processuali, nello spirito di contribuire a un tempo ragionevole del processo che non solo non ignori le garanzie difensive, ma che le rafforzi su un piano di chiarezza e pulizia.
Quali saranno le vostre proposte? Il rilancio dei riti alternativi, l’estensione del patteggiamento senza le ostatività previste nel progetto che lo rendono ancora uno strumento residuale, il giudizio abbreviato condizionato con la regola condivisa nel corso della prima interlocuzione. Si è modificato, rispetto alla prima bozza, il parametro per la richiesta di archiviazione del pm, facendo riferimento non più ad un giudizio di inidoneità degli elementi raccolti, quanto ad una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio. Anche su questo piano è evidente il mutamento di rotta. L’attuale progetto disegna interventi asistematici che surrettiziamente mirano ad una riforma del processo penale in chiave inquisitoria. Le garanzie non sono mai perdita di tempo: bisogna invece intervenire sui “colli di bottiglia” dei tempi di passaggio tra le diverse fasi procedimentali e di questo la riforma non si fa carico.
Come si velocizza l’iter processuale? Mandando a processo un numero di casi minore, compatibile con le energie e le forze della macchina giudiziaria, facendo più filtro e consentendo la premialità dei riti alternativi. Ma ciò vuol dire, ad esempio, rafforzare la natura anche cognitiva del giudizio abbreviato, recuperando l’estensione probatoria secondo i canoni di rilevanza e novità della prova.
Il tavolo può risolvere questi problemi? Bisogna tornare alla parte di proposte condivise della prima interlocuzione: pochi interventi per rendere certo il tempo delle indagini, rafforzare la funzione di filtro dell’udienza preliminare, rilanciare i riti alternativi, intervenire con un progetto di depenalizzazione. Se invece qualcuno pensa che questa sia l’occasione per la resa dei conti sulla scelta del rito accusatorio troverà l’avvocatura compatta a rivendicare quella scelta di civiltà giuridica e i principi del giusto processo”.