Senza diritti e vittime di un retaggio del ventennio che li porta ad essere – come definiti dal già magistrato Laura Longo intervistata dal Dubbio – gli “ultimi degli ultimi”. Parliamo degli internati, coloro che continuano a scontare una pena ( e non dovrebbe essere tale per legge) in misura di sicurezza.

Per concludere il nostro viaggio tra gli internati, ancora una volta emerge la necessità della riforma dell’ordinamento penitenziario. Ma, se mai venisse approvata, rimarrà nel cassetto proprio il decreto che si occupa di modificare le misure di sicurezza e portare a un ridimensionamento del sistema del famigerato “doppio binario”. Si tratta di misure che interessano l’autore di reato socialmente pericoloso e che, secondo un assetto che risale al codice Rocco, si aggiungono alla pena ( per gli imputabili e i semi- imputabili), ovvero rappresentano l’unica misura applicabile ( per i non imputabili): la casa di lavoro, la colonia agricola, le comunità per i minori ( già riformatorio giudiziario) e il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e di custodia  (tra quelle detentive); le ultime due già oggetto di un ampio intervento di riforma, negli anni scorsi, ha portato alla chiusura degli Opg e all’introduzione delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza ( Rems).

Il decreto in questione non avrebbe eliminato le misure di sicurezza ( anche se viene auspicato da più parti), ma ridimensionato considerevolmente il sistema del doppio binario a vantaggio di misure a carattere riabilitativo e terapeutico e del minor sacrificio possibile della libertà personale, fatto salvo il contemperamento con le esigenze di prevenzione e tutela della collettività. Il decreto, innanzitutto, fa tre distinzioni: soggetti imputabili, semi- imputabili e non imputabili. Per i soggetti imputabili il regime del doppio binario viene limitato a chi ha commesso dei gravi delitti. Per i oggetti semi- imputabili, invece, si prevede addirittura l’abolizione del sistema del doppio binario e l’introduzione di un trattamento sanzionatorio finalizzato al superamento delle condizioni che hanno diminuito la capacità dell’agente, anche mediante il ricorso a trattamenti terapeutici o riabilitativi e l’accesso a misure alternative sempre compatibilmente con le esigenze di tutela della sicurezza pubblica.

Infine per i soggetti non imputabili il decreto prevede di destinarli alle Rems – appena realizzate e già ai limiti della capienza – non solo ( in via definitiva, prioritariamente, ma anche provvisoria) gli autori non imputabili e socialmente pericolosi, ma anche coloro che, vivendo nelle articolazioni psichiatriche dei penitenziari, non gli viene garantita una giusta cura. Quest’ultimo punto è stato criticato da più parti, perché potrebbe trasformare le Rems in mini Opg.

In sintesi, se il governo avesse approvato questo decreto, sarebbe scuramente migliorata la condizione degli internati. Ma purtroppo la politica ha scelto di lasciarli abbandonati a se stessi, tra gli ultimi.