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Modena
Un detenuto è morto nel corso della rivolta scoppiata nel pomeriggio al carcere di Modena. Lo confermano alcune fonti all'ANSA. Sono in corso le indagini per capire in quale circostanza sia avvenuto il decesso. In tarda serata il personale della polizia penitenziaria è rientrato dentro il carcere. Secondo alcune indiscrezioni – ma tutte ancora da confermare - l’uomo potrebbe essere morto per overdose perché diversi detenuti, approfittando della protesta, avrebbero preso farmaci in infermeria. Resta il fatto che oramai diversi istituti penitenziari sono al centro di rivolte per paura del contagio da coronavirus e del blocco delle visite a vista per via dell’emergenza. Dopo il carcere di Salerno di ieri, è stata la volta del carcere di Sant’Anna di Modena, poi a Poggioreale, al carcere di Frosinone. In tarda serata è stata la volta del carcere di Bari dove sono intervenute le forze dell'ordine. Il motivo è sempre lo stesso: la sospensione dei colloqui a vista. Alcuni hanno urlato invocando l'amnistia. Una trentina di persone, probabilmente familiari, hanno solidarizzano con i detenuti. Rita Bernardini del Partito Radicale commenta a Il Dubbio che queste rivolte sono controproducenti per gli stessi detenuti, perché alcune sigle di polizia penitenziaria potrebbero prendere al volo nuovamente la proposta di ricambiare l’assetto gerarchico degli agenti penitenziari e prendere più poteri decisionali rispetto ai direttori delle carceri. «Tra l’altro – aggiunge Rita Bernardini – se il governo dovesse realizzare un decreto legge che implementi le misure alternative per far fronte all’emergenza coronavirus e alleggerire le carceri che sono sovraffollate, i detenuti coinvolti nella rivolta non ne usufruirebbero». C’è il parlamentare della Lega Jacopo Morrone che invita infatti a concedere temporaneamente più poteri decisionali ai comandati di reparto. Ma non solo. Vuole che venga bloccata la vigilanza dinamica. «Parliamo di una proposta assurda – tuona sempre Rita Bernardini -. Non far uscire dalle celle proprio ora i detenuti che già non possono ricevere visite o usufruire della semilibertà per via dell’emergenza coronavirus, vuol dire aumentare ancora di più la tensione».