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Chiesto il rinvio a giudizio per 10 agenti
Per ora il testo del decreto legge è una bozza, quindi potrebbero esserci delle modifiche e, ci si augura di sì, visto che mancano completamente le misure deflattive per fronteggiare l’emergenza coronavirus in carcere. Ma non solo. Non c’è nessun riferimento agli agenti penitenziari, l’unica forza di polizia non menzionata dal decreto in via di approvazione, ma soggetto ancora a modifiche. Su questo punto tuona il sindacalista Gennarino De Fazio, rappresentante nazionale della Uilpa Polizia Penitenziaria nazionale. «Dalla lettura della bozza del decreto-legge che il Governo – denuncia De Fazio - dovrebbe varare in serata per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, emerge che nulla sarebbe previsto in favore della Polizia penitenziaria. Stanziamenti per il lavoro straordinario di appartenenti ai Carabinieri, alla Polizia di Stato e alla Guardia di Finanza, misure per i Vigili del Fuoco, sanificazione degli ambienti di lavoro per gli stessi operatori, ma niente di niente per il Corpo di polizia penitenziaria. Se così fosse, sarebbe inaccettabile!». Non ci sta il rappresentante della Uilpa: «Delle due l’una: o il Governo equipara l’opera della Polizia penitenziaria, com’è giusto che sia, agli altri servizi pubblici essenziali e assume urgentissimi provvedimenti anche in favore di quest’ultima, oppure dica espressamente che non ne fa parte e autorizzi i suoi appartenenti a comportarsi come tutti gli altri cittadini». Per quanto riguarda il carcere, c’è la scheda relativa al risanamento economico dei danni subiti dalle rivolte. Sulla base delle prime informazioni acquisite presso i Provveditorati Regionali e Direzioni degli istituti penitenziari, infatti, si segnalano importanti danni di natura edilizia e di impiantistica che complessivamente raggiungono i 20 milioni di euro. Per la copertura degli oneri è prevista quindi una specifica autorizzazione di spesa per l’anno 2020, finalizzata alla riparazione dei danni subiti dalle strutture, dagli impianti e dai beni mobili appartenenti all’amministrazione penitenziaria. Tutti soldi che saranno recuperati dai detenuti che hanno partecipato alle devastazioni. Quindi, per ora, nel decreto non c’è nulla per quanto riguarda i detenuti e la possibile ed auspicabile misura di deflazione. Ma bisogna attendere stasera. Nel frattempo c’è una circolare emanata dal Dap dove ci sono ulteriori indicazioni operative per la prevenzione del contagio da coronavirus negli istituti penitenziari. Quali sono le cautele da intraprendere? Per quanto riguarda i nuovi giunti dalla libertà o da altri istituti sarà effettuato al momento dell’ingresso, presso le tensostrutture (ove presenti) o altro locale idoneo, un triage da parte del personale, opportunatamente dotato di dispostivi di protezione individuale, diretto in un primo orientamento. Sarà cura del medico competente, in occasione della visita di primo ingresso, adottare tutti gli interventi di tipo sanitario: nei casi in cui verrà disposto l’isolamento sanitario della persona all’interno del carcere, esso avrà attuazione mediante collocamento del detenuto in apposita sezione già individuata dalla direzione. Per quanto riguardano i detenuti già presenti, in seguito di riferita sintomatologia da coronavirus, il detenuto sarà visitato presso la sua cella per la valutazione della procedura da seguire. Gli altri detenuti presenti verranno sottoposti ai controlli. Nel caso positivo al tampone, i sanitari valuteranno se metterlo in isolamento sanitario oppure trasferirlo in ospedale. Rita Bernardini del Partito Radicale riferisce a Il Dubbio di non essere per nulla d’accordo con queste misure, perché le considera impraticabili. «Mi dispiace – spiega l’esponente radicale e della presidenza di Nessuno Tocchi Caino - , ma solo chi non conosce la realtà penitenziaria per quella che è, può inviare una circolare siffatta. Solo chi non conosce la promiscuità del carcere e la carentissima sanità penitenziaria, può permettersi di proporre isolamenti sanitari con servizi igienici “esclusivamente dedicati” e il supporto delle cure necessarie». La Bernardini continua: «Solo chi non ha mai messo un piede nelle celle di detenzione, può pensare che un’emergenza come quella del coronavirus possa essere gestita nelle disastrose condizioni di fatiscenza e carenze di organico che ci sono oggi. Occorre un immediato decreto per far uscire da quel luogo di tortura almeno due decine di migliaia di detenuti non pericolosi: si può fare, si deve fare se non si vuol essere autori di reati gravissimi contro la salute e la vita stessa delle persone detenute e di chi in carcere ci lavora». Ora si attende il decretone finale, augurandoci che sia presa in considerazione tutta la popolazione penitenziaria, detenuti e agenti penitenziari compresi.