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Non toccate Checco Zalone, ve ne prego. E non toccatelo soprattutto voi, amici di sinistra, che da anni predicate diritti e uguaglianza nel deserto.
Perchè Zalone, in due ore scarse di film, è riuscito dove tutti voi, tutti noi, abbiamo fallito in trent’anni e passa di multiculturalismo paternalista. Zalone è una sorta di sardina, una sardina scorretta, grottesca e volgare, ma pur sempre una sardina che è riuscita a cambiare i termini del discorso, smascherando la famosa e fumosa narrazione che da anni diffonde e predica la panzana dell’invasione dei migranti, magari indossando un crocefisso al collo e invocando il cuore immacolato di Maria.
È arrivato Zalone, per fortuna, il quale è riuscito a far vedere a frotte di ragazzini abitati dalla vocina subdola del “prima gli italiani”, un film tutto schierato dalla parte dei migranti.
Un’operazione geniale e maestosa che nessuna scuola, nessuna Ong e nessuna associazione antirazzista è mai riuscita a realizzare. E tra una parolaccia e una battutaccia, Zalone ha fatto vedere loro i campi di tortura libici e la pena di una donna costretta a prostituirsi per rimediare un biglietto di sola andata in una bagnarola diretta a Lampedusa. Zalone ha squarciato il velo e ha mostrato agli italiani, a tutti gli italiani, salviniani compresi, quanto sia fasulla la favola sovranista. Perché siamo nel 2000 dopo Cristo e le frontiere, come ha spiegato alla fine del suo film, semplicemente non dovrebbero esistere. E questo è un pensiero da artista, da grande artista.
Non toccate Zalone, ve ne prego...