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Combattere contro gli incendi infernali e implacabili che si stanno divorando la California per 90 centesimi l’ora. È la paga simbolica e forse umiliante riservata ai 1200 detenuti che da settimane affiancano i pompieri in prima linea nel tentativo di domare le fiamme sospinte dai venti secchi e roventi del deserto. Da Eaton (Pasadena) a Palissade, da Santa Monica a Malibù si addentrano nelle zone più colpite, tentano di anticipare la direzione del fuoco sradicando la vegetazione e sparando getti d’acqua verso i roghi.
Sono tutti volontari che non si sono macchiati di reati di sangue, provvisoriamente integrati nei ranghi del Dipartimento forestale e antincendio della California (Cal Fire). Lavorano in condizioni estreme con turni estenuanti anche di 24 ore, circondati dal fuoco e soprattutto dai fumi tossici e letali che ammorbano l’aria. E rispetto ai pompieri professionisti sono molto più esposti ai pericoli per via della mancanza di esperienza e di un adeguato addestramento.
La preparazione è infatti rapida e sommaria, svolta in pochi giorni nei 35 campi antincendio disseminati nella contea di Los Angeles. Un’inchiesta del 2018 del magazine Time ha dimostrato che un detenuto-pompiere rischia fino a quattro volte di più di rimanere ferito, intossicato e, nei casi più gravi, persino ucciso.
Non esistono cifre ufficiali su quanti hanno perso la vita e le autorità sembrano reticenti. Rischiare di morire in mezzo alle fiamme rappresenta però un’occasione per ottenere una consistente riduzione di pena e magari per diventare vigili del fuoco quando torneranno in libertà. Sempre con l’obiettivo di sostenerli nel loro reinserimento, il governatore della California Gavin Newsom ha firmato, nel 2020, un disegno di legge che ha reso possibile la cancellazione dei precedenti penali dei volontari che decidono di affrontare il fuoco. «Il loro contributo si è rivelato prezioso ed essenziale», spiega Jeff Macomber, segretario del Dipartimento carceri della California.
Bianca Tylek, direttrice di Worth Rises, un gruppo di avvocati penalisti di Los Angeles, si chiede però fino a che punto sia volontario il servizio offerto dai detenuti e quanto legato alla loro ricattabilità, ricordando che la giurisdizione locale non vieta il lavoro forzato, una condizione confermata da un referendum che si è tenuto lo scorso anno. E denuncia la paga schiavista offerta dallo Stato: «Il lavoro è lavoro, non può diventare mai sfruttamento e deve essere trattato in ogni caso con pari dignità e rispetto».
Anche il deputato democratico Isaac Bryan ha puntato il dito contro il risibile compenso economico dato ai detenuti facendo mea culpa: «È una palese ingiustizia ma non ce ne siamo mai assunti la responsabilità politica. Penso che chiunque rischi la propria vita per salvare gli altri sia un eroe, e non importa se sei incarcerato o meno». Proprio questa settimana Bryan ha presentato una proposta di legge per equiparare la loro paga al salario minimo dei pompieri in servizio per il Cal Fire.
La California ha iniziato ad addestrare i detenuti nella lotta agli incendi boschivi addirittura durante il secondo conflitto mondiale, quando sedici milioni di americani furono reclutati per i fronti di guerra in Europa e nel Pacifico. Almeno 27 persone sono morte in California nella dozzina incendi che nel mese di gennaio hanno distrutto più di 10mila abitazioni e lasciato decine di migliaia di persone senza una casa. Gli incendi delle ultime settimane probabilmente sono tra i più distruttivi nella storia della regione secondo le stime di CalFire.