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Cacciari Pd M5S
Mentre la campagna elettorale si avvia a vivere la sua parte finale, irrompe sulla scena la vicenda relativa al rapporto degli 007 americani in ordine ai presunti fondi russi trasferiti a partiti politici stranieri. E, seppure, non risulta esplicitamente che ci siano formazioni politiche italiane coinvolte, la questione è esplosa provocando un vespaio di polemiche. Da tutti gli schieramenti è arrivata la richiesta di avere chiarezza su quanto sta avvenendo, né le dichiarazioni del presidente del Copasir Adolfo Urso sono servite a stemperare il clima. Un nuovo fronte, dunque, che rischia di modificare gli equilibri e potrebbe influenzare l’opinione pubblica quando ormai manca pochissimo all’appuntamento con le urne. Abbiamo fatto il punto con il filosofo Massimo Cacciari.
Professore che opinione si è fatto della vicenda? Crede sia verosimile che qualche partito italiano abbia ricevuto fondi russi?
Questo non glielo so dire, non faccio il magistrato e non ho idea se possa esserci fondamento nelle notizie che stiamo apprendendo in maniera confusa. Penso, però, che fosse assolutamente prevedibile che si sarebbero scatenate dinamiche di questo tipo durante questa campagna elettorale. Del resto uno degli argomenti cardine del dibattito politico, da diverso tempo, è relativo ai presunti rapporti in corso tra alcuni settori della destra e Vladimir Putin.
Sembra condivisibile, però, l’appello al governo e al Copasir di fare chiarezza su quanto avvenuto…
Certamente è condivisibile, ma quando mai nel nostro Paese i servizi hanno fatto chiarezza su qualcosa? Continuiamo a non sapere niente di niente, da Moro in avanti non è mai stata fatta chiarezza su nulla.
Ritiene che l’esplodere di questa vicenda nella fase cruciale della campagna elettorale possa avere un’influenza sull’esito finale?
Penso proprio di sì. Mi pare evidente che se ne possano avvantaggiare sia il Pd che gli altri due poli in opposizione allo schieramento di centrodestra, mi riferisco sia a Giuseppe Conte che a Carlo Calenda e lo sanno benissimo. Del resto è stato uno dei loro cavalli di battaglia durante questa campagna elettorale il presunto rapporto tra la Lega e la Russia. Anche per questo ritengo che fosse assolutamente prevedibile e strascontato che venisse fuori una vicenda come questa, visto che alcune cose erano già venute a galla anche prima. Altra cosa è stabilire se i fatti contenuti nel rapporto americano abbiano un fondamento o meno. Parlo da osservatore politico ovviamente e le ripeto che davo per scontata la possibilità che avvenisse una cosa simile durante una campagna elettorale in cui nessuno dei protagonisti ha da dire niente a nessuno nonostante i temi forti di cui discutere non manchino. Ma nessuno si sogna di spiegare come si pensa di far fronte all’inflazione, alla diminuzione drastica del reddito e all’aumentare delle diseguaglianze.
Il Mezzogiorno sta diventando terreno di battaglia in questo scorcio finale di campagna. Soprattutto Letta e Conte sembrano credere nella rimonta proprio al Sud. Che ne pensa?
Cercano di rimontare anche perché non mi pare possa darsi per scontato uno strepitoso successo del centrodestra. Probabilmente al Sud alcune sacche possono essere raggiunte e credo che soprattutto Conte sia un po’ in crescita. D’altra parte anche Calenda potrebbe intercettare elettori che non sono più in grado di votare Pd e il risultato finale non può darsi per acquisito, anche perché dall’altra parte la Lega mi pare in grandissima difficoltà e Meloni non può recuperare tutto ciò che la Lega perde. È facile, dunque, che la destra faccia l’en plein nei collegi del maggioritario, ma sul proporzionale sarà un testa a testa tra una coalizione da un lato e i tre poli divisi dall’altro. Continuo a ribadire che esiste un grande rischio che si possa verificare uno scenario simile a quello del 2018.
E quindi prevede la nascita di un governo di salute pubblica…
Se il centrodestra non vince largamente riuscendo ad avere una maggioranza solida è difficile che ce la faccia a governare a causa delle debolezza interne, dell’assoluta mancanza di appoggi e riferimenti europei con il rischio che, dopo pochi mesi, possa andare in crisi. Diverso sarebbe uno scenario con un’affermazione del centrodestra indiscutibile e molto ampia, tale da convincere partner europei e finanziari che va bene così perché non c’è niente da fare.
All’interno del Pd ritengono che il recupero di Conte di cui anche lei parlava è da salutare come elemento positivo in quanto svuoterebbe il bacino di destra e non quello dem. Lo ritiene verosimile?
Probabilmente è vero. Il Pd terrà i suoi voti che sono di tradizione e di inerzia e non prenderà voti ai Cinque Stelle. Conte, invece, credo stia riprendendo molti dei voti che aveva perso e potrebbe ottenere una buona percentuale intorno al 10 per cento.
Senza una ripresa del dialogo tra le due forze, però, è impossibile la costruzione di un’alternativa concreta alla destra…
Totalmente impossibile, specialmente se le elezioni dovessero dare una grande vittoria alla destra e in particolare al partito di Giorgia Meloni. Se questo non dovesse accadere, credo che Pd e Cinque Stelle, ma anche Calenda saranno costretti a palarsi e costruire un’opposizione valida che possa far saltare il banco.
Dall’altra parte non passa giorno senza una scontro tra Meloni e Salvini. Fa parte del gioco o c’è ancora una discussione per la leadership?
Fa parte del gioco. Salvini se non vuole precipitare sotto il 10 per cento deve polemizzare con Meloni e può portarle via voti, mentre Meloni, d’altro canto, se vuole candidarsi a capo del governo deve continuare a fare quello che sta facendo e cioè dire ogni 24 ore che è d’accordo con Draghi, mentre polemizza con Salvini. Non è un gioco delle parti, ma si tratta di posizioni che devono assumere per gli obiettivi che hanno. Salvini sa benissimo che non potrà candidarsi lui alla presidenza del Consiglio ma deve difendere la leadership nella Lega, mentre Meloni vuole arrivare a palazzo Chigi.
Nessun dubbio dunque che in caso di vittoria del centrodestra sarà Meloni il nuovo capo di governo?
Se la coalizione vince con Fdi tra il 23 e il 25 per cento, mentre gli altri complessivamente non superano il 20 come potrebbe il Presidente della Repubblica non accettare la candidatura? In uno scenario di vittoria risicata potrebbe essere l’intelligenza di Meloni o della coalizione di presentarsi da Mattarella con idee diverse, per esempio quella di un Draghi bis.