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A giocarsi le sue carte per ultima in concorso al 72esimo Festival di Cannes è proprio la nostra Italia che però sferra direttamente il colpo da maestro, l’asso nella manica dal nome di Marco Bellocchio. Il maestro di Bobbio rappresenta il nostro paese con Il traditore, film su Tommaso Buscetta, il primo grande pentito di mafia, detto anche “il boss dei due mondi” che sul grande schermo è interpretato da Pierfrancesco Favino.
Dalla guerra di mafia degli anni 80’ alla fuga in Brasile, Il traditore ripercorre i momenti fondamentali della vita di Buscetta, concentrandosi non solo sulle vicende pubbliche di questo personaggio ambiguo e tormentato, ma su quelle che hanno coinvolto e mosso il suo privato: dall’uccisione dei suoi due figli e di suo fratello a Palermo mentre Buscetta era in esilio forzato fino al momento del compromesso, del “tradimento”, quando dall’incontro con Giovanni Falcone, Buscetta deciderà di prendere una decisione irreversibile, quella di tradire Cosa Nostra. L’Italia tutta ricorda ancora oggi le conseguenze di quella scelta, il maxi processo e la vendetta di Totò Riina che si abbattè su Falcone e la sua scorta. Marco Bellocchio si è avvicinato a questa storia su proposta del produttore Beppe Caschetto che ha visto nel regista di I pugni in tasca, la persona più adatta a trattare questo tema con le corde e i toni giusti. A Cannes il maestro descrive il suo approccio a questa pagina di storia d’Italia e cronaca nera: «Ho letto giornali, libri, incontrato persone che lo avevano personalmente conosciuto. Da questa conoscenza ho imbastito un soggetto e poi la sceneggiatura, studiando il personaggio. La mia vita privata apparentemente è del tutto estranea a questi avvenimenti ma con gli sceneggiatori poi ci siamo impadroniti di questa storia».
Un lavoro totalmente diverso dal solito per Marco Bellocchio che parte da un differente tipo di fascinazione rispetto a quella che l’ha mosso cinematograficamente in passato: «Buscetta è diverso dai personaggi affascinanti della mia cultura e tradizione. Lui era un uomo ignorante. A differenza di certi mafiosi, amava la vita e tradiva la moglie». Su queste particolarità che caratterizzano il pentito, Bellocchio aggiunge. «Questo personaggio non è un eroe ma un uomo coraggioso che rischia la propria vita e non vuole essere ucciso così e la difende così come difende la sua famiglia e i suoi figli, una sua tradizione. È un traditore conservatore. Un uomo che vuole difendere il suo passato».
Fin dall’annuncio della sua partecipazione a Cannes, Marco Bellocchio aveva sottolineato come Il Traditore si distaccasse da tutti i suoi film precedenti e fosse vicino solo a Buongiorno Notte, perché i personaggi si chiamano anche qui con i loro veri nomi. Rievocando il suo passato però, il regista ha riscoperto la definizione e il cuore dei film che si facevano un tempo, quelli di denuncia sociale. Il Traditore, per seguire questo filone, è un film civile, per dichiarazione dello stesso maestro e si pone da contrappunto ad una tendenza moderna che vorrebbe vedere trattati questi temi e questi personaggi dal fascino ambiguo in versione seriale: «I film civili la televisione li ha ammazzati tutti. Quel cinema non c’è più. Se vuoi fare un film del genere, ti devi inventare qualcosa e non devi seguire la convenzione televisiva» ha rimarcato il regista.
Come ha raccontato a Malcom Pagani su Vanity Fair, Pierfrancesco Favino si è fatto avanti con Marco Bellocchio, convincendolo a dargli una possibilità concreta per interpretare Buscetta. Dai racconti di Favino infatti, sembra che nonostante la sua consolidata bravura, il maestro non si fosse fatto sentire per confermargli il ruolo. Evidentemente era destino perché Il traditore si poggia tutto sull’attore e lo fa centrando il bersaglio perché Pierfrancesco Favino non è mai stato così bravo come nei panni di Buscetta che grazie a lui diventa persona e non personaggio. Sul lavoro fatto Favino rivela: «Tutto quello che sappiamo di Buscetta è quello che lui voleva far vedere. Si è costruito una memoria di sé, dai libri alle interviste, scegliendo anche cosa mostrare o meno. Un fine stratega anche nella comunicazione. Figlio di vetraio, si era fatto varie plastiche facciali e il primo tradimento lo fece nei confronti della sua famiglia ( non di origine mafiosa), scegliendo la vita criminale».
Attraverso Pierfrancesco Favino e una ricerca al motore delle azioni dell’uomo Buscetta e della leggenda criminale, Marco Bellocchio indaga e analizza i codici mafiosi, una vecchia e una nuova mafia, ognuna con le sue regole d’onore o anarchia. Sul fascino del personaggio e sul suo “compromesso” e rapporto rispettoso con Giovanni Falcone, Pierfrancesco Favino racconta: «Il fascino che emanava dipendeva da una leggenda. Non credo nell’amicizia con Falcone, credo che il giudice sia stato l’unica persona a manipolarlo. L’incontro con Falcone cambia Buscetta perché lo porta a credere fino in fondo alla realtà del proprio sogno».
Il Festival di Cannes si gioca le ultime carte ma ormai si ha la sensazione che il sipario si stia per chiudere. Nelle classifiche dei critici internazionali ad oggi imperano Dolor y Gloria di Pedro Almodovar e Parasites di Bong Joon Ho ma chissà che il nostro Marco Bellocchio non cambi le cose.