Il giudice argentino Daniel Rafecas è pronto ad aprire un processo in contumacia per i dieci cittadini iraniani accusati di aver partecipato all’attentato contro la sede dell’ Amia (Associazione mutualistica israelita argentina), nel 1994. Il magistrato avrebbe accettato la richiesta che la procura specializzata sul caso ha fatto di applicare la legge approvata nei mesi scorsi sotto l’impulso del presidente, Javier Milei.

Una legge, parte di un pacchetto di riforma del sistema della giustizia, che introduce - entro determinate condizioni - la possibilità di effettuare processi anche a persone assenti al giudizio. Le verifiche fatte dal giudice Rafecas, sottolinea la testata, portrebbero a concludere che ora la richiesta è in linea con i principi dell’ordinamento. Se confermata, la decisione potrebbe sbloccare una delicata vicenda giudiziaria e fare luce su un capitolo doloroso della storia argentina: l’esplosione ha causato 85 morti, ferito, con diversi gradi di intensità, 151 persone e creato sorposi danni materiali.

- La legge approvata a febbraio dal Parlamento modifica la parte del codice di procedura penale che nega la possibilità di giudicare persone non presenti al processo, nei casi in cui gli indagati siano accusati di reati di lesa umanità, terrorismo e proliferazione di armi di distruzione di massa. Una situazione applicabile «unicamente alle cause con al centro reati commessi nel territorio nazionale, o quando i suoi effetti si verificano in esso o nei luoghi soggetti alla sua giurisdizione, o quando sono commessi all’estero da agenti o dipendenti delle autorità argentine nell’esercizio delle loro funzioni». La riforma è stata pensata soprattutto per poter perseguire i cittadini libanesi e iraniani ritenuti responsabili dell’attentato del 1994 alla sede della Associazione mutualistica israelitica argentina (Amia), costato la vita a 85 persone.

Per potersi procedere al giudizio in contumacia sarà necessario che l’imputato, «conoscendo l’esistenza di un processo nei suoi confronti, decide di non presentarsi, non rispondere e non rispettare le richieste dell’autorità giuridica».

L’attacco alla sede dell’ Amia è una vicenda emblematica non solo per il dolore causato alla collettività, oltre ai morti l’esplosione dell’autobomba causò anche 150 feriti, ma anche per la difficoltà di fare luce su mandanti ed esecutori dell’attentato. Un tema sul quale si intrecciano le polemiche tra l’attuale governo e le precedenti amministrazioni di centrosinistra e che valica i confini nazionali, con una ricaduta nelle relazioni tra l’Argentina e l’Iran, Paese ritenuto possibile animatore dell’attentato.

Il tema è in cima all’agenda politica del governo Milei, presidente che dall’inizio mandato ha indicato Israele come referente cruciale nello spostamento a «Occidente» della politica estera argentina. Nel corso di una conferenza sulla sicurezza organizzata a luglio 2024 dal World Jewish Congress, il presidente ha promesso un’accelerata sui processi inerenti il caso Amia, con passi «che nessun altro governo ha avuto mai il coraggio di fare». Al momento esistono tre filoni di indagine: uno per ricostruire la dinamica e i protagonisti dell’azione terroristica, e due per verificare la presunta esistenza di trame create per occultare le prove e tenere lontana la giustizia dai responsabili.