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Ieri il suo nome è stato il più cercato su Google tra i candidati democratici alle primarie, prima tappa del lungo cammino che partorirà lo o la sfidante di Trump alle presidenziali del 2020. E così la senatrice della California Kamala Harris da outsider in poche ore diventa una credibile aspirante alla vittoria finale.
Cosa è accaduto? Semplice: la Harris ha stravinto il dibattito televisivo che la vedeva confrontarsi con l’ex vicepresidente Joe Biden, grande favorito dei sondaggi e Bernie Sanders, esponente dell’ala sinistra dei dem relegato al ruolo di spettatore dell’aspro duello tra la Harris e Biden, in particolare sulle questioni razziali e dei diritti civili.
Il suo passato da procuratrice e l’abilità retorica nell’incalzare gli interlocutori l’hanno aiutata nel mettere all’angolo Biden e in piena luce le sue contraddizioni, il tutto con uno stile che ha conquistato l’opinione pubblica dem stando ai primi sondaggi e alle statistiche di GoogleTrend Il confronto si è aperto concluso all’insegna delle bordate contro il presidente Trump, definito un «bugiardo patologico e un razzista» da Bernie Sanders e colui che ha messo il Paese in un «situazione orribile», secondo Biden. Ma il momento clou è stato lo scontro tra la Harris e l’ex vice presidente.
Lei, unica donna di colore in corsa ( è figlia di una dottoressa indiana ed un professore immigrato dalla Giamaica, lo ha attaccato per aver lavorato con due senatori segregazionisti e per essersi opposto agli scuolabus pubblici. «Non credo che tu sia un razzista e concordo sull’importanza di cercare un terreno comune. Ma credo anche, ed è una questione personale, che sia davvero molto doloroso sentirti elogiare due senatori che hanno costruito la loro carriera e la loro reputazione sulla segregazione razziale in questa nazione», è stato l’affondo della Harris.
Biden nei giorni scorsi aveva citato i due ex senatori segregazionisti degli anni Settanta James Eastland e Herman Talmadge come esempio della sua capacità di relazionarsi con tutti.
«Una caratterizzazione generale sbagliata sulla mia posizione: io non elogio i razzisti», è stata la secca replica di Biden.
La Harris ha promesso di ripristinare le tutele per di “dreamers”, i giovani immigrati portati negli Usa da piccoli da genitori clandestini, nel suo primo giorno in carica se sarà eletta presidente. «Immediatamente, il 20 gennaio del 2021... inizierò da lì. È stato il presidente Donald Trump ad azzerare il programma di Obama denominato Daca ( Deferred Action for Childhood Arrivals) che tutelava i dreamers rispetto alle deportazioni, se diventerò presidente lo ripristinerò».
Dopo l’aspro duello con Harris Biden è poi finito nel mirino di Sanders perchè ha votato a favore della guerra in Iraq da senatore. «Una delle differenze tra me e Joe è che lui ha votato per quella guerra. Io ho sostenuto l’opposizione» , è stata la sferzata di Sanders, che ha difeso la sua elegibilità nonostante si auto proclami socialista, quasi una parola che è stata a lungo un tabù negli Stati Uniti. «La risposta sta nel fatto che siamo dieci punti avanti a Trump», ha argomentato Sanders.
Il tycoon della Casa Bianca, impegnato con la riunione del G20 in Giappone, non comunque è rimasto in silenzio. Ha commentato il dibattito durante il bilaterale con la cancelliera Angela Merkel - rimasta impassibile - sostenendo di preferire stare con lei piuttosto che guardare il confronto in tv. Poi, via Twitter, ha attaccato i candidati democratici che tutti, indistintamente, hanno alzato la mano sul palco quando è stato chiesto loro chi fosse a favore dell’assistenza sanitaria per gli immigrati clandestini. «Prima gli americani», ha cinguettato Trump.