PHOTO
cartabia riforma giustizia riparativa
Tra le numerose novità che la Riforma Cartabia vorrebbe introdurre, v’è la rivitalizzazione del ruolo, nodale nella penna del Legislatore del Codice di Rito, dell’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari e del Giudice dell’udienza preliminare, riabilitato dalla Riforma come snodo all’interno del procedimento penale.
Nel codice Rocco del 1930, di stampo marcatamente inquisitorio, non era immaginabile l’esistenza nella fase delle indagini della figura del Gip né tantomeno di quella del Gup poiché il vaglio delle imputazioni infondate avveniva senza soluzione di continuità, all’esito dell’istruzione, dal giudice cd. istruttore. Quest’ultimo, sovrintendendo all’intera formazione del processo, conduceva il procedimento probatorio, acquisendo le prove che riteneva pertinenti e necessarie (tra le quali spiccava il mandato di cattura, impiegato come autentico mezzo di ricerca della prova) e alla fine decideva se prosciogliere o rinviare a giudizio.
L’entrata in vigore del nuovo codice di rito, tutt’ora vigente, segna il tramonto della figura “ibrida” del giudice istruttore e l’avvento, in fase di indagini, del giudice per le indagini preliminari, preposto a garanzia dei diritti dell’indagato e, con l’esercizio dell’azione penale, del giudice per l’udienza preliminare, deputato a pronunciarsi mediante una valutazione prognostica sul corretto esercizio dell’azione stessa e sulla “sostenibilità” dell’impianto accusatorio, nel contraddittorio tra le parti. Un ruolo di filtro, dunque, anche in un’ottica deflattiva, quello affidato al Gup, a garanzia di imputazioni cd. “azzardate” o “pilota” ovvero che sarebbero destinate ad una evaporazione all’esito del dibattimento, con pronunce pienamente assolutorie.
Unico limite: non sconfinare in un giudizio sul merito dell’accusa - colpevolezza o innocenza dell’imputato - proprio del giudice della cognizione. Da più parti, oggi, si lamenta il costante appiattimento delle pronunce Gip e Gup alle richieste avanzate dai Pubblici ministeri, tanto in fase d’indagine - si pensi alle richieste di applicazione di misure cautelari, quasi mai disattese dall’organo giudicante, ovvero alle stesse richieste di archiviazione, soprattutto se opposte, quasi sempre accolte e raramente destinatarie di provvedimenti di integrazione probatoria - quanto, in sede di udienza preliminare, con il pressoché costante richiamo del decreto che dispone il giudizio alla richiesta di rinvio del PM.
Molteplici le cause di queste derive: in parte, come è stato rilevato, le pronunce del giudice di legittimità, che negli ultimi anni hanno sistematicamente annullato le sentenze di non luogo a procedere, contestando al Gup di aver mal impiegato la regola di giudizio di cui all’art. 425, c. 3 c. p. p.; da qui, dunque, una certa ritrosia nel pronunciare sentenze liberatorie che, per inciso, richiedono una motivazione ben più gravosa di quella richiesta nel caso di rinvio a giudizio con il rischio di vedersele poi cassate; si sottolinea, poi, che nell’attuale sistema di valutazione dei magistrati, in termini di punteggio assegnato, un procedimento che si conclude con il rinvio a giudizio è perfettamente equivalente ad un altro che si conclude con una pronuncia di non luogo a procedere, elemento che certamente non ‘ stimola’ il giudicante; da ultimo, la sempre maggior pervasività dei media, già a partire dalle primissime fasi delle indagini preliminari, che tendono a ratificare come necessaria ogni decisione o richiesta del PM e, al contrario, a delegittimare, gridando allo scandalo, quei giudici che, nell’adempiere al proprio ruolo costituzionalmente tutelato di garanzia dei diritti dell’indagato, “osano” rigettare le richieste cautelari avanzate dalle Procure; lo scrivente già scrisse, su queste pagine circa le riassegnazioni “punitive” a carico di taluni Giudici troppo garantisti.
A queste storture tenta di porre rimedio la Riforma Cartabia, investendo sulla centralità dell’ufficio Gip- Gup come anello strategico dell’intero procedimento penale, prima di tutto nella prospettiva di una piena affermazione della ragionevole durata del processo e delle garanzie dell’indagato/ imputato. Due le direttrici: da un lato, l’imprescindibile incremento, sul fronte organizzativo, delle risorse concretamente a disposizione per l’esercizio nei tribunali delle funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare; dall’altro, l’introduzione della regola di giudizio secondo cui “gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna” come presupposto tanto della richiesta di archiviazione quanto della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere. La Ministra Cartabia sta svolgendo la funzione più alta dell’Ordinamento: riconsegnare al Popolo, per il quale la Giustizia è amministrata, la fiducia nel processo penale, cancellando i pensieri per i quali l’udienza preliminare è utile solo a tenere le agende delle sezioni di Tribunali.
Dunque, una sfida che la Riforma ha lanciato, indubbiamente complessa e gravosa ma che, se opportunamente colta, consentirà di coniugare giusto ed equo processo con quella certezza e ragionevole durata che la Costituzione richiede e i cittadini - legittimamente - reclamano. (*AVVOCATO, DIRETTORE ISPEG)