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Più che un premio, quello offerto dal neopresidente brasiliano Jair Bolsonaro, è un vestito cucito su misura: Sergio Moro, il giudice titolare dell’inchiesta “lava jato” sulla corruzione dei partiti politici, lo stesso che ha portato l’ex presidente Luis Inacio Lula da Silva in carcere con una condanna a 12 anni, sarà il titolare di un superministero che accorpa unisce la Giustizia e la Sicurezza pubblica. Dopo alcuni giorni di esitazione in cui tutti lo davano in bilico tra Giustizia e Corte Suprema alla fine Moro ha sciolto le riserve accettando l’offerta irrinunciabile di Bolsonaro: «Dopo un incontro nel quale abbiamo discusso politiche per il ministero, ho accettato la proposta come un vero onore», ha sottolineato il popolare magistrato. È probabile che la scelta di Moro alimenterà le legittime speculazioni sul fatto che le sue maxi inchieste per corruzione abbiano una motivazione politica più che giuridica in quanto hanno preso di mira in maniera sproporzionata i rappresentanti dei partiti di sinistra, spianando di fatto la strada al trionfo dell’estrema destra per la prima volta dalla caduta della dittatura militare.
I maligni dicono che Sergio Moro è il vero “dominus” del neogoverno brasiliano e che sarà lui, dall’alto di un ministero con poteri quasi illimitati, il presidente ombra del Brasile.