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Il Gay pride di Bologna comincia con una polemica. A due giorni dalla maxi sfilata che si terrà sabato, è bufera infatti sugli organizzatori della rete Rivolta Pride, che hanno deciso di escludere l’associazione Lgbt di appartenenti alle forze di polizia e forze armate, Polis Aperta, dalla manifestazione. A denunciarlo sono gli stessi poliziotti, ai quali è stato chiesto di presentarsi senza loghi e striscioni dell'associazione, ma di partecipare eventualmente in forma anonima. «Quello che mi ha fatto più male è stato sentirmi rispondere che non era importante fossi trans perché prima di tutto sono un poliziotto», racconta a LaPresse Alessio Avellino, 26 ragazzo transgender presidente di Polis Aperta. «Ci stiamo organizzando internamente per la partecipazione - chiarisce Avellino - perché ci è arrivata tantissima solidarietà, tante mail, e abbiamo capito che è la situazione è ristretta a piccolo un gruppo di persone tra gli organizzatori che ha direzionato questo evento». «Ma - chiarisce il presidente di Polis Aperta - così facendo non produciamo altro che narrazione negativa per la nostra comunità. Del resto cosa si pensa di ottenere attaccando la parte sana? Noi lavoriamo dal 2005 e sono 10 anni che siamo interlocutori delle associazioni nazionali, io personalmente se non avessi incontrato Polis Aperta non avrei il nome di Alessio Avellino». Gli organizzatori, da parte loro, hanno ricordato che la manifestazione nasce per ricordare i moti di Stonewall quando, nel 1969, nel quartiere Greenwich Village di New York, la comunità si ribellò a una retata della polizia in un locale. «Riconosciamo - replica Rivolta Pride- che l’omolesbobitransafobia è presente in tutti i luoghi di lavoro, anche all’interno della polizia e delle forze dell’ordine. Anzi, spesso è proprio in questi settori che le discriminazioni trovano spazio, incentivate da un ambiente, quello delle caserme, intriso di machismo e maschilismo». Ed ecco perché, sottolineano, «ci teniamo a chiarire che la nostra non è una presa di posizione contro Polis Aperta, ma di critica aperta alle forze dell’ordine come istituzione, e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista». «Apprendiamo con sconcerto che il coordinamento del Pride di Bologna ha fatto divieto alle associazioni di forze dell’ordine e militari Lgbt+ di partecipare al Pride di sabato a Bologna con striscioni o bandiere delle loro organizzazioni, in quanto gli ambienti militari o delle forze dell’ordine sono sessisti e violenti. Ricordo agli organizzatori del Pride che le associazioni Lgbt+ in tale ambito servono proprio per sensibilizzare tali ambienti e tutelare i militari, poliziotti, etc, Lgbt+ e non solo, che sono spesso vittime di quel sessismo e di quella violenza, ancora oggi. Quindi la scelta degli organizzatori del Pride è chiaramente discriminatoria e contro i valori di inclusione del Pride», dichiara invece Fabrizio Marrazzo, portavoce partito GayLgbt+, Solidale, Ambientalista, Liberale. «Il Pride non è di chi lo organizza ma è patrimonio di tutti, io stesso da quando ho organizzato il Pride di Roma del 2010 mi sono scontrato con associazioni ed attivisti Lgbt+ che non volevano associazioni di militari o non di sinistra Lgbt+, ed allora come oggi reputo sbagliate tali scelte, perché la comunità Lgbt+ è varia ed è presente in tutti gli ambienti e nessuno di noi può o deve escludere nessun membro che si riconosca nei valori del Pride. Cosa differente se parliamo di organizzazioni che sostengono pensieri o azioni discriminatorie, violente o antidemocratiche di qualsiasi tipo, ma non è questo il caso», conclude.