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«I giornalisti, i media saranno i primi ad andarsene. Se in lontananza, nascosti vedete furgoni delle tv private o pubbliche, dategli fuoco… una molotov …. Dategli fuoco … o con loro dentro o vuoto il furgone, dategli fuoco». È quanto si legge in uno degli screenshot della chat Telegram "i guerrieri" al centro dell’indagine per istigazione a delinquere aggravata della Procura di Milano. La polizia ha eseguito una serie di perquisizioni in diverse città nei confronti di attivisti No Vax che via Telegram avrebbero ipotizzato di compiere azioni violente, prendendo di mira giornalisti e forze dell'ordine, in vista delle manifestazione contro il green pass previste nella Capitale l’11 e 12 settembre. «Dalle parole volevano passare ai fatti», spiegano i dirigenti di Digos e Polizia Postale che hanno condotto le indagini: "i guerrieri" si sarebbero armati di tirapugni e katane. Per questo gli inquirenti hanno deciso di perquisire gli 8 indagati (5 uomini e 3 donne). Uno di loro aveva acquistato online due tirapugni, dopo aver cercato di procurarseli direttamente dalle armerie, che però gli avevano fatto presente che si tratta di un oggetto illegale. Nella casa di un altro membro della chat gli agenti hanno trovato e sequestrato diverse armi bianche: una katana, uno sfollagente e spray al peperoncino. Secondo quanto si legge nei decreti di perquisizione firmati dal capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili e del pm Piero Basilone, l’obiettivo degli attivisti no vax del gruppo Telegram denominato "i guerrieri", era di «mutare o condizionare la politica governativa e istituzionale in tema di campagna vaccinale», «mediante azioni violente». «Sono comuni cittadini di età media tra i 40 e i 50 anni con diverse estrazioni sociali in prevalenza medio basse su posizioni convintamente no vax», hanno spiegato gli investigatori cercando di delineare un profilo dei cinque uomini e delle tre donne indagate per istigazione per delinquere aggravata. Tre i bersagli principali presi virtualmente di mira sul gruppo, il cui numero di iscritti si aggirava intorno ai 200 utenti. In primis i giornalisti che «veicolano il messaggio inesistente della pandemia»: «Noi quando andiamo a Roma i primi che dobbiamo colpire sono i giornalisti. Sono da fare fuori», scriveva uno degli indagati. E ancora: «Vediamo i camion delle tv e li facciamo saltare con le molotov». Poi l’intenzione era quella di colpire le forze dell’ordine accusate di «difendere un sistema di dominio strutturato in forma sanitaria» e i «Palazzi del Potere». Sulla chat circolava anche un messaggio con l’indirizzo istituzionale del presidente del Consiglio Mario Draghi. «L’appartamento di Mario Draghi è situato al civico n... del quartiere... Ma questa fonte non è sicura».