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Un bimbo, molto piccolo, deve essere operato al cuore ma la procedura chirurgica era sospesa nel limbo, perché la famiglia pretendeva di avere sangue da persone non vaccinate al Covid-19 per la trasfusione necessaria all'intervento ma per i medici la richiesta non ha alcun fondamento scientifico. Il caso finisce in tribunale, ma il giudice tutelare di Modena ha accolto il ricorso dell’ospedale, ritenendo che ci sono le garanzie di assoluta sicurezza nel sangue fornito dall'ospedale, qualsiasi sia la sua provenienza. Intanto si è attivata anche la Procura dei minori, per vagliare un'eventuale limitazione della responsabilità genitoriale.
La vicenda arriva dall'Emilia-Romagna e coinvolge una famiglia no vax del Modenese, il cui bimbo viene seguito dal personale sanitario del policlinico Sant'Orsola di Bologna. La questione, secondo quanto appreso, andava avanti ormai da diverse settimane. È nata quando la famiglia fa sapere ai medici bolognesi che per il loro bambino non verrà accettato in nessun caso sangue che arrivi da donatori vaccinati contro il Covid-19 e chiede che sia prelevato solo da persone che non si siano sottoposte alla profilassi. Le motivazioni sono religiose, sulla scia delle fake news per cui i vaccini si otterrebbero da embrioni, dunque feti uccisi. Il caso, come segnalato dalla Gazzetta di Modena, deflagra nelle chat su Telegram di ambienti "no vax", dove la famiglia ha lanciato un passaparola per reperire «volontari» non immunizzati pronti a donare il proprio sangue. Il Sant'Orsola da parte sua, in accordo col centro trasfusionale territoriale, si oppone perché le donazioni di sangue devono seguire protocolli di legge molto rigidi e molto precisi. Proprio per garantire sicurezza a tutti, sia a chi dona sia a chi riceve. A quel punto si ricorre agli avvocati e la risoluzione del caso viene demandata al giudice tutelare di Modena. Sulla vicenda si è attivata anche la Procura per i minori di Bologna, guidata da Silvia Marzocchi, con un ricorso inviato il 2 febbraio al tribunale per i minorenni. Un intervento più ampio, a tutela del minore, che riguarda un'eventuale limitazione della responsabilità genitoriale. Del caso è stato informato a suo tempo il Centro Nazionale Sangue, a Roma. Per il direttore, Vincenzo De Angelis, la richiesta di avere sangue da non vaccinati «è assurda, priva di fondamento scientifico». «La scelta del sangue - precisa all'ANSA - è legata a precisi criteri di compatibilità e non a capricci. Usare quello di persone non vaccinate non ha alcun fondamento scientifico perché con la trasfusione non si "trasmette" il vaccino». Il sangue di persone vaccinate per il Covid è identico a quello ad esempio di persone non immunizzate che però il Sars-Cov2 l'hanno preso e sono guarite, sviluppando quindi anticorpi. La famiglia aveva indicato all'ospedale un elenco di qualche decina di "no vax" disponibili a donare: De Angelis sottolinea che «se queste persone fossero guarite dal Covid, il loro sangue sarebbe identico a quelle di un vaccinato». Il sangue contiene infatti eventualmente gli anticorpi, non il vaccino in sé e nemmeno un virus disattivato. Le sacche di sangue per le trasfusioni appartengono a donatori rigorosamente anonimi. Su nessuna sacca è indicato, ad esempio, se il donatore sia vaccinato, guarito dal Covid o altro. Agli stessi donatori si chiede in fase di anamnesi di comunicare se abbiano ricevuto un qualsiasi vaccino di recente, perché si fanno normalmente passare 48 ore prima della donazione. «Ma non perché ci sia un rischio per il ricevente. Al contrario, per evitare malesseri al donatore», sottolinea De Angelis. Ad agosto scorso, in Romagna, due donne "no vax" bloccarono una trasfusione al padre ultranovantenne temendo che potesse provenire da donatori vaccinati per il Covid. La trasfusione, in quel caso, almeno non era una terapia salvavita.