È il suo ultimo atto di clemenza presidenziale prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.

Joe Biden ha commutato nel carcere a vita la pena per 37 detenuti condannati a morte da una sentenza della giustizia federale, vendendo incontro alle richieste delle associazioni per i diritti umani e della conferenza episcopale americana.

All’inizio di dicembre circa 130 ong tra cui l’influente Aclu, avevano ricordato a Biden l’impegno contro la pena capitale nella vittoriosa campagna elettorale del 2020 e la moratoria sulle esecuzioni federali dell’anno successivo, pregandolo di compiere un ultimo gesto in attesa «dell’ondata di esecuzioni» prevista con il ritorno del tycoon grande sostenitore del castigo di Stato.

Biden ha spiegato che il suo provvedimento è coerente con la moratoria del 2021 che prende in considerazione tutti i condannati a morte con l’eccezione dei reati di terrorismo e degli omicidi di massa motivati dall’odio: «Non vi fate ingannare io condanno gli assassini e compiango le vittime dei loro atti spregevoli e le loro famiglie che hanno subito perdite irreparabili, ma la mia coscienza e la mia esperienza mi dicono che bisogna smettere di applicare la pena di morte a livello federale».

Tra i tre condannati che non beneficiano della clemenza presidenziale ci sono Dzhokhar Tsarnaev, uno degli attentatori dell'attacco contro la maratona di Boston del 15 aprile 2013, Dylann Roof, un suprematista bianco che ha ucciso nove afroamericani in una chiesa di Charleston nel 2015. E infine Robert Bowers, autore di un attacco armato in una sinagoga di Pittsburgh nel 2018 che provocò la morte di 11 ebrei, resterà anch'egli nel braccio della morte.

Le persone condannate a morte da una sentenza federale sono appena quaranta, una goccia nel mare dei 2500 detenuti in attesa del boia in seguito a una condanna di un singolo Stato.

Le ultime esecuzioni federali risalgono alla fine della prima amministrazione Trump. Dopo diciassette anni di interruzione, 13 detenuti erano stati messi a morte tra il 14 luglio 2020 e il 16 gennaio 2021, il numero più alto sotto il mandato di un presidente americano in circa 120 anni. Il tycoon ha più volte espresso il desiderio di estendere l’uso della pena capitale anche per nuovi reati, affinché si applichi agli immigrati che hanno ucciso cittadini americani così come ai trafficanti di droga e ai soggetti che praticano il traffico di esseri umani.

Biden ha detto di temere che il suo successore vanifichi la moratoria: «In buona coscienza, non posso restare a guardare e permettere che una nuova amministrazione riprenda le esecuzioni che ho fermato»

La pena capitale è stata abolita in 23 dei 50 stati del Paese. Moratorie sono in vigore anche in altri sei stati, vale a dire Arizona, California, Ohio, Oregon, Pennsylvania e Tennessee. Nel 2024 negli Stati Uniti sono avvenute venticinque esecuzioni, tutte a livello di giustizia statale. Un numero in significativo aumento rispetto agli ultimi anni.

Secondo gli esperti, diversi fattori spiegano questa recrudescenza. La composizione della Corte Suprema, ora a maggioranza conservatrice, ha fatto precipitare le sospensioni che bloccano il boia all’ultimo minuto. Lo scontro politico sui temi della sicurezza in un anno di furibonda campagna elettorale ha poi spinto i governatori e i procuratori generali repubblicani a mostrare il pugno di ferro, ostacolando qualsiasi provvedimento di clemenza o di commutazione della pena,

Un altro motivo che sta dietro all’aumento delle esecuzioni riguarda l'evoluzione dei metodi. I laboratori farmaceutici, soprattutto europei, hanno smesso di autorizzare l'uso dei loro farmaci nel cocktail di sedativi utilizzati per le iniezioni letali dieci anni fa. Gli Stati che ancora applicano la pena di morte hanno scoperto nuove combinazioni di sostanze letali. Alcuni ora stanno prendendo in considerazione il fentanil e la ketamina. Nel luglio 2022, l'Alabama ha giustiziato un detenuto mediante inalazione di azoto, una prima denuncia mondiale da parte delle Nazioni Unite.