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In rete cominciano a circolare sondaggi sarcastici del tipo: “Cosa fareste se fra tre minuti una bomba atomica cadesse sulla vostra città?”. L’humor nero è una delle tante reazioni umane alla paura, specie quando si assiste impotenti. E in questi giorni la paura corre veloce per il pianeta come non accadeva da tempo; sembra un remake della Guerra fredda con i suoi spettri di day after, ma in un mondo cambiato, meno granitico, decisamente più multipolare e instabile. Vulnerabile al pericolo della terza guerra mondiale. Così parole come «disastro» e «apocalisse» non sono più un tabù o iperboli buone per i titoloni ansiogeni dei giornali. Basta ascoltare il discorso di Joe Biden per farsi un’idea dell’escalation che stiamo vivendo: «Per la prima volta dalla crisi dei missili a Cuba il mondo deve affrontare la minaccia dell’Armageddon nucleare. Vladimir Putin non sta scherzando, quando parla del potenziale uso di armi nucleari tattiche, biologiche o chimiche, io lo conosco bene. Ma sappiamo tutti che l’uso di tali armi porta inevitabilmente verso l’apocalisse», dice il presidente degli Stati Uniti Smentendo la portavoce della Casa Bianca Karine Jean Pierre che appena martedì scorso pralava di «pericolo non imminente». La guerra russa in Ucraina sarà il detonatore che innescherà una reazione a catena incontrollata ? Di certo il capo del Cremlino flirta con la retorica apocalittica dallo scorso 24 febbraio, data dell’invasione militare, senza farsi particolari problemi. E ripetendo un concetto molto chiaro, come ha fatto nel discorso alla nazione dello scorso 21 settembre: «La Russia impiegherà tutti i mezzi a sua disposizione per proteggere la sua sicurezza e la sua integrità territoriale». Ora bisogna capire quali sono i confini tracciati dalla dottrina militare di Putin e dei suoi generali. I territori annessi con i referendum farsa della scorsa settimana costituiscono parte l’integrità territoriale della federazione russa e come tali devono essere difesi? In caso affermativo sono dolori per tutti, perché le quattro regioni annesse illegalmente da Mosca rimangono il tumultuoso teatro di scontri armati e di possibili offensive degli eserciti e delle milizie in campo. Ragionando linearmente è verosimile che Mosca possa ricorrere ad arsenali nucleari tattici, a “bombe sporche” per “proteggersi”, con il drammatico effetto domino che ne conseguirebbe. Tra la dottrina e la sua applicazione in mezzo dovrebbe esserci il buonsenso e la consapevolezza che quel conflitto non avrebbe né vinti, né vincitori. Per il momento l’armata russa continua a combattere con armi convenzionali e con risultati non proprio brillanti, opponendo alla determinazione e agli equipaggiamenti occidentali a disposizione degli ucraini la forza numerica della sua artiglieria e un serbatoio di riservisti pressoché illimitato. Nessun analista di guerra è in grado di stabilire con precisione chi stia vincendo il conflitto. Ma se per la Russia le cose dovessero precipitare, se si ritrovasse con le spalle al muro costretta a ritirarsi nei suoi confini, costretta a sgonfiarsi, a quel punto salterebbe l’equilibrio della dissuasione e della deterrenza e alla retorica. Questo lo ha detto anche Joe Biden per il quale è necessario lasciare a Putin «una via di uscita».