Doveva e voleva essere il presidente dell’imparzialità e dell’equilibrio, contrapposto alla faziosità divisiva di Donald Trump e invece il crepuscolo di Joe Biden si acconcia al piccolo cabotaggio, alle rivalse opportuniste e familiste. Il presidente Usa, smentendo quanto promesso fino a oggi e solennemente dichiarato al G7 di giugno, ha annunciato che accorderà una grazia «piena e incondizionata» al figlio Hunter «per quei reati contro gli Stati Uniti che ha commesso, potrebbe aver commesso o a cui ha preso parte nel periodo che va dal primo gennaio del 2014 al primo dicembre del 2024». Pare che la decisione sia maturata durante il lungo week end di thanksgiving trascorso nella residenza di Nantucket in Massachusett.

Hunter Biden, 54 anni, rischiava concretamente fino a 25 anni di prigione per due distinti procedimenti giudiziari. Il primo riguarda la detenzione illegale di un’arma da fuoco nel 2018, quando nascose la sua tossicodipendenza nel formulario che ha compilato per acquistare la pistola. Nel comunicato dai toni sofferti e confidenziali diffuso domenica sera dalla Casa Bianca il presidente ha spiegato quando la dipendenza da alcol e da droghe di suo figlio abbia tormentato la sua famiglia, specie dopo la morte di Beau, il primogenito scomparso nel 2015 per un cancro al cervello. Lo scorso luglio un jury federale del Delaware ha condannato Hunter che il prossimo 12 dicembre avrebbe conosciuto l’entità della pena. La settimana successiva, il 16 dicembre, invece ci sarebbe stata la sentenza nel processo per frode fiscale in California, in cui per altro si era dichiarato colpevole per ottenere uno sconto di pena. Ora i giudici sono obbligati ad archiviare entrambi i casi.

Logicamente Biden senior prova ha giustificare il suo provvedimento, invocando «gli errori giudiziari» commessi dai giudici ai danni del figlio, ricordando che lui ha sempre rispettato la separazione dei poteri e l’indipendenza della giustizia e chiedendo agli americani di comprendere la sua decisione: «Dal giorno in cui sono entrato in carica, ho detto che non avrei interferito nel processo decisionale del Dipartimento di Giustizia, e ho mantenuto la mia parola anche mentre vedevo mio figlio essere perseguito in modo selettivo e ingiusto. Spero che gli americani capiscano perché un padre e un presidente arrivano a prendere una simile decisione».

Biden ha però aggiunto il sospetto che i procedimenti contro suo figlio fossero animati da pregiudizio politico, che fosse un modo indiretto per colpire la Casa Bianca e che «non c’è ragione di credere che si fermeranno adesso». Insomma, una chiara allusione all’imminente amministrazione Trump e alla sua occupazione del Dipartimento di Giustizia.

Ed è stato proprio The Donald uno dei primi a commentare il provvedimento di grazia. Non proprio con parole garbate: «È un abuso di potere», ha tuonato il tycoon sul social Truth: «Il perdono di Hunter da parte di Joe include anche i sei ostaggi di gennaio che sono stati imprigionati per anni?», scrive il tycoon. Gli “ostaggi” sarebbero le persone condannate per l’assalto a Capitol Hill del 21 gennaio 2021 in cui ci furono cinque vittime (quattro manifestanti dell’aera MAGA e un agente di polizia). Va da sé che quando Trump varcherà di nuovo la soglia della Casa Bianca, sarà lui, a sua volta, ad accordare la grazia presidenziale ai suoi seguaci rinchiusi in prigione.

Anche diversi esponenti democratici come Jared Polis, governatore del Colorado o il deputato dell’Arizona, Greg Stanton hanno criticato Biden, sostenendo che si tratta di un precedente pericoloso che macchia la reputazione della sua presidenza e sottolineando che Hunter non era finito alla sbarra con incriminazioni politiche e che la condanna che ha subito è stata decretata da una giuria popolare. Da segnalare la reazione della russa Maria Zakharova, loquacissima portavoce del ministero degli Esteri di Mosca: «La grazia concessa da Joe Biden a suo figlio dimostra che gli Stati Uniti sono una caricatura della democrazia».