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Se i primi ad essere attaccati e minacciati sono stati gli avvocati quando hanno osato difendere i cosiddetti "mostri da prima pagina" per i quali il diritto di difesa - seppur costituzionalmente garantito - non varrebbe, è poi toccato ai giudici essere vilipesi quando hanno assolto quei "mostri" o quando hanno diminuito la pena. È arrivato poi il momento dei giornalisti, scambiati per uffici stampa di quei reietti solo perché hanno deciso di rispettare l'articolo 21 della Costituzione, consapevoli, tra l'altro, che il diritto di parola non si nega a nessuno: ai giusti ma anche agli ingiusti. Oggi però siamo dinanzi ad un passo in avanti, perché ad essere messi sotto accusa sono incredibilmente i pubblici ministeri, quelli che abbiamo spesso criticato per il loro "quarto potere", come ha detto Sabino Cassese. Il contesto è la trasmissione Quarto Grado, andata in onda su Rete 4 venerdì 12 marzo. Si sta discutendo del caso di Benno Neumair, reo confesso dell'omicidio dei genitori Peter Neumair e Laura Perselli, scomparsi a Bolzano il 4 gennaio di quest'anno. Il 29 gennaio Benno era stato arrestato e il 6 febbraio il corpo della madre era stato trovata nell'Adige. La confessione sarebbe arrivata poco dopo, in due successivi interrogatori che la Procura ha secretato fino allo scorso lunedì, quando, tramite un comunicato stampa, ha reso noto che l'indagato aveva ammesso le sue responsabilità. Il fascicolo è stato desecretato contestualmente alla richiesta di incidente probatorio finalizzato ad accertare le condizioni mentali del ragazzo. Procura e avvocati difensori - Flavio Moccia e Angelo Polo - concordano infatti sulla necessità di dover stabilire se il ragazzo era capace di intendere e volere al momento dei tragici fatti e se sia imputabile. Ed eccolo qui il casus belli che ha sollevato le aspre critiche degli opinionisti di Quarto Grado: come ha osato la Procura richiedere l'accertamento psichiatrico invece che preparare la forca per il giovane Neumair?Vi riproponiamo la trascrizione delle loro dichiarazioni: Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo: «Solitamente le Procure non aprono alla possibilità di un vizio di mente, percorrono un'altra strada un pochino più inquisitoria. Questo forse mi farebbe pensare che una grave patologia c'è». Carmelo Abbate, giornalista: «Sta perizia psichiatrica mi lascia quantomeno sgomento, perplesso - usa tu il termine che vuoi (rivolto al conduttore Gianluigi Nuzzi, ndr)- il fatto che la chieda la Procura è una delle cose che non riesco a spiegarmi. Spero però che qualcuno si metta la mano sulla coscienza sulla perizia, sulla capacità di intendere e di volere, perché se quest'uomo esce dal carcere tra 8 o dieci anni Madè, sua sorella, e Carla, la sorella della mamma, come minimo dovranno andare a nascondersi nella foresta Amazzonica perché avranno una paura di questo uomo» Grazia Longo, giornalista: «Faccio fatica ad immaginarlo folle e voglio unirmi alle perplessità di Carmelo su questa decisione della procura. Fatemi aggiungere: mi unisco anche al malessere espresso dalla zia di Benno che ha scoperto dopo 8 giorni che il nipote aveva confessato, perché la Procura non aveva detto nulla». Gianluigi Nuzzi, giornalista: «Era tutto secretato, ci sono state anche delle polemiche» Grazia Longo: «Ho capito... In Italia siamo piene di inchieste - fatemelo dire - si secretano gli atti ma di fronte ad un omicidio del genere che la zia e la sorella lo hanno scoperto da un sito online in lingua tedesca non è il massimo, direi» Gianluigi Nuzzi: «È un problema di diritti». Adesso quindi il problema è che una Procura mantiene il segreto istruttorio sugli atti di indagine? E per fortuna, dovrebbe essere sempre così. Invece, forse, purtroppo ci siamo abituati a Procure in cerca di fama mediatica che passano le veline a giornalisti affetti da eccessivo voyeurismo. E poi l'altro scandalo sarebbe che la stessa Procura ha richiesto la perizia psichiatrica per valutare l'imputabilità dell'indagato? Nell'ottica degli opinionisti di Quarto Grado il pubblico ministero dovrebbe giocare solo il ruolo del boia che fa di tutto per mettere il cappio all'imputato. Sbagliato: basterebbe conoscere l'articolo 358 c.p.p. per cui «Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini», il che significa che l'attività ricognitiva deve essere estesa anche agli elementi di prova che potrebbero scagionare l'indagato. Ma quale strada «un pochino più inquisitoria», come ha detto Picozzi? E poi, in ultimo ma non meno grave, uno di loro chiede che «qualcuno si metta la mano sulla coscienza sulla perizia»: cosa ha voluto dire? Che gli esperti che andranno a valutare Benno dovrebbero mentire nelle loro relazioni per fare restare il ragazzo in carcere a vita? Se fosse così sarebbe una offesa verso i professionisti che saranno chiamati ad analizzare la psiche dell'indagato ma anche un incitamento a barare le carte del sistema giustizia. E poi anche se fosse ritenuto non imputabile e tra dieci anni uscisse dall'istituto di cura, ci sarebbero sempre dei medici a valutare la situazione, ad analizzare la sua pericolosità sociale. Tutto questo dialogo è davvero sconcertante!