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Hiram Rhodes Revels entrò al Senato degli Stati Uniti nel 1870. All’epoca i senatori venivano eletti dal parlamento dello Stato, e siccome uno dei due rappresentanti del Mississippi si era dimesso restava un posto vacante. Revels era il rappresentante della contea di Adams, e quindi ne aveva i titoli. Per la verità, non tutti ne erano convinti: ci fu un’opposizione insistente. Perché il punto era che Revels era nero. Non proprio nero nero. Era di sangue misto, nato da un uomo a sua volta di sangue misto e da una donna bianca di origini scozzesi: solo che lui era venuto nero.
Efu questa la tesi che vinse: Revels sembrava un nero ma non era un nero nero, e perciò era americano di nascita. Così, Hiram Rhodes Revels fu il primo nero a entrare nel Senato degli Stati Uniti. Da repubblicano. Perché Revels era un repubblicano convinto – e democratici invece, quelli che si erano opposti alla sua elezione. Revels era del “partito di Lincoln”. Quello che pur di eliminare la schiavitù aveva fatto la guerra civile.
Non so se questa storia la conosca, il signor Toni Iwobi, 62 anni, diventato primo senatore nero con la Lega di Salvini. Non è il primo italiano di origini africane a entrare in parlamento: alla Camera, da deputati, ci sono stati, in schieramenti diversi, Dacia Valent, Khaled Fouad Allam, Souad Sbai, Magdi Allam, Khalid Chaouki, Cécile Kyenge e Jean- Léonard Touadi. Ma certo, è il primo senatore e, soprattutto, ci entra con la Lega. Proprio l’ex deputato Jean- Léonard Touadi ha commentato: «Mi ha sempre colpito la sindrome di Stoccolma del senatore Iwobi che ha fatto da cassa di risonanza ai proclami antiafricani dei suoi carcerieri».
A chi non è andata proprio giù l’elezione di Iwobi è Mario Balotelli che su Instagram scrive: «Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!!!».
L’attaccante del Nizza, da sempre in prima linea nella lotta contro il razzismo, contro i buuu e le banane gettate in campo dagli spalti, e che pochi giorni fa nella partita contro il Digione è stato ammonito per avere zittito i cori razzisti, si è anche congratulato con la sua terra madre, il Ghana, nel giorno del 61esimo anniversario dell’Indipendenza del Paese: «Prometto sul mio onore di essere fedele e leale alla mia terra madre. Mi dono al servizio del Ghana con tutta la mia forza e tutto il mio cuore... Felice 61esimo compleanno dell’Indipendenza!».
Chissà se Balotelli ha pensato a George Weah, grandissimo calciatore, anche lui ex campione del Milan e unico pallone d’oro africano, che è stato da poco eletto presidente della Liberia.
Ma per il signor Iwobi, la terra madre è la Lombardia. Dopo l’elezione ha dichiarato: «Io appartengo alla patria, ma anche ai territori che mi hanno eletto. Non bisogna dimenticare da dove si viene». E non c’è dubbio che non intendesse la Nigeria, dove è nato il 26 aprile del 1955, ma la Lombardia, dove risiede a Spirano in provincia di Bergamo, responsabile immigrazione della Lega e nel Carroccio da 25 anni.
Giunto in Italia con un visto da studente nel 1976, Iwobi, di madrelingua inglese, si è diplomato a Manchester in economia aziendale con specializzazione in marketing, sales & business management e ha poi ottenuto un diploma di analista contabile a Treviglio, Bergamo. Ottenuta una prima laurea in Computer information science, in Italia si è laureato in Scienze dell’informazione. Dal 2001 è amministratore delegato della Data Communication labs Srl con sede proprio a Spirano e che si occupa di servizi informatici, tra cui la progettazione di software gestionali, la gestione di reti locali e sistemi di sicurezza, la realizzazione di siti Internet, oltre a un servizio di provider per la Carta regionale dei servizi. In preceden- za, Iwobi aveva lavorato come direttore tecnico e commerciale in una ditta che opera nel settore informatico. Nel 1995 è diventato consigliere comunale a Spirano, e da lì la sua carriera politica nella Lega.
Nei suoi ringraziamenti sui social, Iwobi ha scritto: «Dopo oltre 25 anni di battaglie nella grande famiglia della Lega, sta per iniziare un’altra grande avventura. I miei ringraziamenti vanno a Matteo Salvini, un grande leader che ha portato la Lega a diventare la prima forza di centrodestra del paese!» D’altronde, nei santini elettorali aveva inserito lo slogan leghista “stop invasione” ( e nei comizi indossava la maglietta con questa scritta).
A chi gli ha fatto notare che dall’ultimo rapporto di Amnesty International risulta che il 95 percento delle frasi xenofobe proviene dal centrodestra e che tra i leader politici Salvini guida la classifica, lui risponde: «Lo spauracchio infondato di un ritorno del fascismo e del razzismo è quello che ha penalizzato la sinistra a queste elezioni. Vuole dirmi che Salvini è razzista? Io non vedo niente di tutto questo, come non vedo che sia contro gli immigrati. Un immigrato regolare è suo fratello ed è stato lui a mettermi a capo del Dipartimento immigrazione della Lega. Sono tutte cose inventate che non esistono. Il problema reale non è il fascismo o il razzismo, ma il lavoro che non c’è».
A Balotelli, questo politico argomentare forse interessa poco. A lui interessa il colore della pelle. E solo un nero poteva dire a un nero guardati allo specchio, un po’ come nei film americani solo un nero può dare del “nigger” a un altro nero. A meno che l’abuso del politically correct non abbia sbiancato i vecchi dialoghi, come quello di Samuel Jackson in Pulp fiction che alla notizia che arriverà il signor Wolfe che risolve i problemi dice a Marcellus, il nero più cattivo che c’è: «Shit, negro, thats all you had to say – Merda, negro, dovevi dirmi solo questo».
Politically correct si mostra anche il neosenatore Iwobi, che a proposito di Balotelli dice: «Non mi interessa rispondergli, ci sono problemi molto più importanti in questo Paese». Più sciocco – va da sé – il Gran Capo Salvini che dichiara: «Balotelli non mi piaceva in campo, mi piace ancor meno fuori dal campo».
Peccato, perché invece di questo dovremo discutere e tanto – dopo l’assassinio “per caso” di un nero innocente a Firenze e “la rivolta delle fioriere” dei senegalesi. I neri stanno qui, sono fra noi, sono parte della nostra vita ormai. Anche politica. in fondo, l’elezione del signor Iwobi ci dice anche questo.