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È stata trattenuta un’intera notte alla frontiera dalle autorità turche, in una stanza con la luce accesa, insieme con altre persone. Barbara Spinelli, l’avvocato di Bologna “respinto” dalla Turchia, ha dovuto dunque subire una vera e propria reclusione, dal pomeriggio di ieri fino a questa mattina, prima di essere rimpatriata in Italia dalle autorità di Istanbul. La penalista è appena rientrata in Italia, molto provata ma «determinata a continuare nella battaglia per la difesa delle libertà democratiche e l’assistenza ai colleghi turchi sotto processo nel loro Paese», come riferisce il presidente dell’Ordine di Bologna Giovanni Berti, che è andato ad accoglierla poco fa in aeroporto. Spinelli era in missione come osservatrice internazionale, avrebbe dovuto partecipare come relatrice a una conferenza sui diritti umani. Quando ieri pomeriggio è atterrata a Istanbul, è stata invece fermata dalle autorità frontaliere. Ha scoperto solo in quel momento di essere schedata e individuata da tempo dalla Turchia come «persona non gradita». Era intervenuta già in passato come osservatrice, anche in occasione dei processi a cui gli avvocati turchi sono sottoposti per la presunta vicinanza alle forze accusate del golpe contro Erdogan. Ma in passato, l’avvocata Spinelli non aveva subito alcun tentativo di “interdizione”. Ieri invece, dopo averla fermata alla frontiera in aeroporto, le autorità di Istanbul le hanno persino intimato di consegnare il cellulare. L’avvocata italiana ha sfoderato a quel punto un orgoglio e un coraggio straordinari: «Non potere portami via il cellulare professionale». «Non ci costringa a usare la forza», le è stato risposto. E lei: «Non costringete me ad insistere, non potete violare i miei diritti». Ha vinto lei. La polizia frontaliera si è limitata a farsi consegnare la batteria, in modo che Barbara non potesse effettuare chiamate. Non è finita lì. Perché dopo averle comunicato che sarebbe stata messa su un aereo la mattina dopo e rimpatriata in Italia, la polizia non ha ritenuto di dover consegnare all’avvocata un formale atto di espulsione. Lei ha insistito per ottenere un documento, che ha già detto ai colleghi dell’Ordine di Bologna di voler «impugnare con ricorso urgente davanti alla Corte europea dei Diritti dell’uomo». A quel punto, rassegnato a dover stendere un decreto formale di espulsione, uno dei poliziotti turchi le ha detto: «Lei non metterà più piede in Turchia per il resto della sua vita». E lì l’avvocato Spinelli ha risposto, con una grinta straordinaria e commovente: «Un giorno, quando ci sarà la democrazia, tornerò a festeggiare». Il trattamento ricevuto dalle autorità del Paese del presidente Erdogan rischia di trasformarsi in un caso diplomatico. Il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, ha inviato una lettera al ministro degli Esteri Angelino Alfano e al ministro della Giustizia Andrea Orlando, in cui a nome dell’organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura italiana richiama l’attenzione «su quanto accaduto alla collega Barbara Spinelli: la collega», scrive Mascherin, «è impegnata assieme ad altre avvocate e avvocati in rappresentanza delle istituzioni e delle associazioni forensi italiane in missioni di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani e del diritto alla difesa in Turchia. Di certo non saranno questi episodi a fermare l'azione della avvocatura italiana, che anzi ne trae ulteriore stimolo e motivazione a proseguire con determinazione nella attività di tutela dei cittadini in ogni parte del mondo», conclude il presidente del Cnf.