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Autonomie. Sul tema delle autonomie regionali si consuma la nuova spaccatura tra Lega e M5s..Che dopo i «passi avanti» compiuti nei giorni scorsi si trovano, ora, nel mezzo di un nuovo terremoto politico, dopo il vertice di ieri a palazzo Chigi conclusosi con un nulla di fatto.
Lo scontro è sugli stipendi dei docenti della scuola che il Carroccio vuole legare alle gabbie salariali, differenziandoli cioè tra Nord e Sud.
Per il M5s, il progetto della Lega metterebbe a rischio «l’unità nazionale», di cui Luigi Di Maio, alla vigilia dell’incontro, si è proposto come garante.
«Così non si va avanti. Spero che nessuno tifi per il passato», è sbottato Matteo Salvini. Secondo cil ministro dell’Interno il M5s starebbe sabotando il progetto. «Inutile sedersi a un tavolo che non funziona con persone che il giorno prima chiudono accordi e poi cambiano idea».
M5s a trazione meridionale
Vada per la Tav, ma sulle Autonomie il Movimento 5 Stelle non può permettersi passi indietro.
In ballo non c’è solo una barricata ideologica da erigere contro la “divisione” del Paese, ma il praticissimo disappunto di un gruppo parlamentare composto in larga parte da esponenti meridionali che non hanno alcuna intenzione di tornare nel proprio collegio a spiegare agli elettori le ragioni politiche di un compromesso “al ribasso” con la Lega.
Il Carroccio «ha proposto di inserire le gabbie salariali, ovvero alzare gli stipendi al Nord e abbassarli al Centro- Sud, una cosa che per il M5S è totalmente inaccettabile», si ribellano adesso i vertici pentastellati facendo saltare il tavolo sulle Autonomie apparecchiato dalla ministra per gli Affari regionali Erika Stefani.
Perché inseguire la Lega sul suo terreno non si è rivelata fino a oggi una mossa vincente per Movimento 5 Stelle, che adesso si impunta per non perdere la faccia.
«Il tema è che stamattina il tavolo si è bloccato sulla regionalizzazione della scuola», spiega-Luigi Di Maio, consapevole che su un tema così sensibile non sarebbe nemmeno in grado di controllare i suoi.
«Noi crediamo che un bambino in Italia non scelga in quale Regione nascere e non è giusto che siccome una Regione ha più soldi quei bambini che nascono lì hanno più diritto all’istruzione di altri bambini che nascono in una Regione dove ci sono meno soldi», è il ragionamento del capo politico, che non a caso ha preteso per il suo partito, all’inizio dell’avventura di governo, il ministero dedicato al Mezzogiorno.
Il Sud per il Movimento è un asset politico irrinunciabile.
Per comprenderne le ragioni basta dare un’occhiata ai risultati delle ultime elezioni europee e confrontarli con quelle del 2014.
Rispetto a cinque anni fa, il partito di Di Maio ha perso voti in tutte e tre le circoscrizioni del Centro- nord: ha ottenuto l’ 11,1 per cento al Nord- ovest, il 10,3 per cento al Nord- est e il 16,4 per cento al Centro.
In media, 8 punti percentuali in meno rispetto alla tornata precedente. A tenere in vita i grillini è stato invece il Sud, dove i pentastellati hanno incrementato i consensi rispetto al 2014: + 5,1 per cento nella circoscrizione al Sud e + 2,5 nelle Isole.
Sabotare il progetto leghista diventa quindi questione di sopravvivenza per un Movimento a trazione meridionalista, che ha già fatto ingoiare bocconi amari a una fetta di elettori del Sud che avevano votato in blocco i 5Stelle alle scorse Politiche.
Come i pugliesi del movimento no Tap, “traditi” subito dopo l’insediamento di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, nonostante la propaganda grillina in campagna elettorale avesse garantito l’opposizione con ogni mezzo alla costruzione del gasdotto.
La carta dell'unità nazionale
Ora Di Maio prova a recuperare. «I bambini non c’entrano niente nell’Autonomia e noi dobbiamo garantire l’unità della scuola come l’unità nazionale», dice, selezionando con cura gli argomenti da utilizzare per non passare da alleato sleale.
«Per quanto mi riguarda l’Autonomia si deve fare, ma ciò non significa che si deve fare male», assicura.
«Stiamo ancora pagando purtroppo lo scotto del Titolo V della Costitutiozne riformato nel 2001 e lo stiamo pagando sulla sanità perché in Italia sono nate 20 sanità diverse con 20 disfuzioni diverse. Adesso cosa vogliamo fare 20 scuole diverse? Su questo invito ad una riflessione, ma in uno spirito costruttivo».
La trincea è ormai scavata. Bisogna solo capire chi per primo suonerà la carica.