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Ha partecipato anche l’associazione radicale Nessuno Tocchi Caino al ricordo del 30esimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino. Un giudice ucciso, all’età di 37 anni, dai sicari della Stidda, una mafia considerata “minore”, ma che ha attuato vere e proprie strategie di sterminio per il controllo del territorio, talvolta in contrasto violento, altre volte in maniera parallela, a "Cosa nostra". Il Sindaco di Palma di Montechiaro Stefano Castellino, nel presentare la candidatura della città a capitale della cultura ha scelto di connotarla con la cultura del perdono come elemento essenziale per sanare le ferite del passato e ripristinare l'ordine e l'armonia violati. Il Sindaco ha voluto presentare nel corso della manifestazione il libro "Il viaggio della speranza" di Nessuno tocchi Caino con la partecipazione di Sergio d'Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti. Come nel docufilm "Spes contra spem - Liberi dentro" anche nel libro ", che dell'opera di Ambrogio Crespi è il seguito letterario, dalle testimonianze - in particolare dei detenuti del carcere di Opera - emergono con chiarezza una rottura esplicita con logiche del passato, una maggior fiducia nello Stato di Diritto, la possibilità del cambiamento anche nel carcere e la conversione di persone detenute in persone autenticamente libere. Non è un caso che proprio l’anno scorso, durante il congresso di Nessuno Tocchi Caino, hanno preso parola i due killer del giudice, ergastolani oggi cinquantenni ma che all’epoca erano ventenni. Parole forti, di ammissione degli sbagli e della loro presa di coscienza sul male arrecato.Il “viaggio della speranza” - il libro dove com’è detto c’è il racconto per immagini, parole e atti dell’VIII Congresso di Nessuno Tocchi Caino che si è tenuto nel Carcere di Opera a Milano nel dicembre del 2019 - , è diventato un viaggio vero e proprio che è iniziato nella giornata di ieri proprio a Palma di Montechiaro, nella commemorazione del giudice. Diverse sono le tappe del viaggio, che si concluderà il 4 ottobre a Palermo, dove si discuterà delle misure di prevenzione e delle interdittive antimafia. Ma ritorniamo all’anniversario dell’omicidio di Livatino maturato anche con il silenzio/assenso di Totò Riina. Un giudice che aveva avuto dialoghi con Falcone e che fu tra i primi che intuì quel legame mafioso, politico e imprenditoriale che ruotava intorno agli appalti. Il giudice era anche un fervente cattolico, tanto che nel 1993, l’allora Papa Giovanni Paolo II, quando lanciò gli anatemi contro la mafia durante il famoso discorso ad Agrigento, definì Livatino «martire della giustizia e indirettamente della fede». Vale la pena riportare un passaggio dell’intervento del “giudice ragazzino” (così lo definì Cossiga) durante un convengo dei giuristi cattolici: «Il peccato è ombra e per giudicare occorre la luce e nessun uomo è luce assoluta». Attualmente è in corso il processo di beatificazione.