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Tra i vari i reati delle stragi mafiose del 1993 Silvio Berlusconi risulta indagato anche per il fallito attentato a Maurizio Costanzo. Lo si evince dalla documentazione rilasciata dai pm fiorentini ai legali dell'ex premier depositata alla Corte d'Assise d'appello di Palermo nel processo sulla trattativa Stato- mafia.
Era stata chiesta dai legali di Berlusconi in vista della deposizione che l’ex premier avrebbe dovuto rendere al processo. I difensori hanno presentato istanza per sapere se il loro assistito è indagato in procedimenti connessi a quello in corso a Palermo e capire così se debba essere sentito come indagato di procedimento connesso ( stato che gli dà la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere), o come teste puro.
Ipotesi, quest’ultima che potrebbe essere presa in considerazione dal giudice Angelo Pellino Ricordiamo che la testimonianza di Berlusconi era stata richiesta, e accolta dai giudici della corte d’Assise d’appello come prova decisiva, dai legali di Marcello Dell’Utri. Prova decisiva perché secondo la tesi sulla presunta trattativa Stato- mafia, Berlusconi, in veste da presidente del Consiglio, sarebbe stato minacciato proprio dal suo ex delfino e amico Dell’Utri per far ottenere i benefici richiesti dalla mafia corleonese. Ora sappiamo che secondo i magistrati di Firenze, Berlusconi avrebbe perfino commissionato in concorso con Cosa Nostra l’attentato al giornalista, ma anche grande suo amico.
Ora però nasce il problema come incastrare le accuse con la verità giudiziaria emersa nelle sentenze passate. Infatti, come si evince dalle ricostruzioni processuali, Riina già tra settembre e ottobre del 1991 aveva dato ordine, allo stesso gruppo che avrebbe poi organizzato le stragi del ' 93 e del ‘ 94, uccidere a Roma Giovanni Falcone, ma anche il ministro Claudio Martelli e Maurizio Costanzo, inviso per la propaganda antimafia che faceva nella sua popolare trasmissione tv sui canali Fininvest.. Un ordine, esclusivamente mafioso.
In particolare, secondo il lucido resoconto del collaboratore Vincenzo Sinacori ( ben riportato nella sentenza della Corte di Firenze del 6 giugno 1998) Riina in quel periodo, durante una o più riunioni nella casa vicino Castelvetrano, aveva comunicato allo stesso Sinacori, a Matteo Messina Denaro, a Giuseppe e Filippo Graviano e a Mariano Agate che andavano eliminati Falcone e il ministro Martelli, i suoi principali obiettivi di quel momento, ma se possibile e subordinatamente anche il giornalista Maurizio Costanzo.
Riina aveva disposto si usassero armi tradizionali e che solo in caso di necessità l'esplosivo a distanza, ma doveva essere preventivamente avvertito. II gruppo recatosi a Roma nel febbraio del ' 92, vi era rimasto per 8- 10 giorni. Impegnato nella ricerca di Falcone e Martelli. Non essendo riusciti a trovarli, la loro attenzione si rivolse a Costanzo e credendolo accompagnato da una guardia del corpo, optarono per la dinamite. Sinacori raggiunse Riina a Palermo per avere l'assenso, ma il boss gli ordinò di sospendere tutto, perché '' avevano trovato cose più importanti giù” alludendo al fatto che l'attentato a Falcone andava eseguito in Sicilia. Come sappiamo, furono di parola. Nel maggio successivo riprovarono a uccidere Maurizio Costanzo. Per fortuna l’attentato fallì.