Il movimento Hezbollah ha riferito che sono almeno tre finora i morti per l'esplosione dei cercapersone in uso dai suoi militanti per comunicare. Tra questi, una bimba di 10 anni e un militante, figlio di un deputato del gruppo sciita filo-iraniano.

In concomitanza con le esplosioni dei cercapersone avvenute in varie parti del Libano, anche in Siria un dispositivo di comunicazione è esploso all'interno di un'automobile che è andata in fiamme a Damasco. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), organizzazione non governativa con sede a Londra ma con una vasta rete di contatti sul campo. Il veicolo è esploso vicino al quartiere di Kafr Sousa, a Damasco. L'ong riferisce che un certo numero di miliziani del movimento libanese Hezbollah è giunto negli ospedali a Damasco a causa delle ferite. 

Anche l'ambasciatore della Repubblica islamica dell'Iran a Beirut, Mojtaba Amani, è tra le decine di persone rimaste ferite. Centinaia di membri di Hezbollah sarebbero rimasti feriti e altri addirittura uccisi a causa delle esplosioni verificatesi nella periferia meridionale della capitale del Libano e nel sud del Paese nel presunto attacco cibernetico. Il quotidiano libanese francofono "L'Orient le Jour" ha riferito in precedenza che dietro l'attacco vi sarebbe l'intelligence di Israele, che avrebbe provocato l'esplosione dei cercapersone usati dai membri del movimento sciita filo-iraniano per comunicare. I cercapersone sarebbero stati manomessi a distanza, fino a farli surriscaldare e quindi esplodere.

Sui social circolano immagini di persone con ferite sanguinanti, ma non è possibile al momento verificarne il legame con il presunto attacco. Vale la pena evidenziare che, a differenza dei telefoni cellulari, i cercapersone sono difficili da rintracciare e funzionano in aree con copertura telefonica limitata. Non richiedono schede Sim o connessioni a Internet, il che li rende più difficili da localizzare e monitorare.