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Gli attacchi simultanei lanciati dal Mossad contro militanti e miliziani di Hezbollah in Libano, con le nuove esplosioni registrate oggi, hanno lasciato il mondo intero a bocca aperta; si tratta infatti di un’operazione così sofisticata e audace che sembra uscita da un capitolo della saga hollywoodiana Mission Impossible.
Talmente immaginifica da risultare implausibile e quindi imprevedibile. Eppure è tutto vero: dodici le persone rimaste uccise e oltre 2800 i feriti, una cifra “monstre” che dà la misura del livello di cura e preparazione con cui sono stati realizzati gli attentati. Una “rivincita” del Mossad dopo il tragico fallimento del 7 ottobre, disastro condiviso con lo Shin Beth (il servizio di sicurezza interno), quando i dirigenti dell’intellligence finirono sul banco degli imputati assieme al governo per non essere riusciti minimamente a prevenire l’invasione del territorio israeliano da parte di centinaia di combattenti di Hamas che per ore hanno seminato panico e sangue.
Da Tel Aviv, come è consuetudine in questi casi, nessuno commenta i fatti libanesi, ma l’inaudita esplosione di migliaia di apparecchi cercapersone, modello AR924 della marca taiwanese Gold Apollo, porta chiaramente il marchio di fabbrica dei celebri servizi segreti israeliani. E una domanda sorge spontanea: come hanno fatto?
L’ipotesi più realistica è quella accreditata dal New York Times e dall’agenzia Reuters: gli 007 dello Stato ebraico sarebbero entrati in possesso di circa 3000 dispositivi cercapersone prima che questi arrivassero in mano ai miliziani del movimento sciita. Li avrebbero intercettati e hackerati forse su una spedizione diretta a Beirut, forse direttamente nella fabbrica in cui sono prodotti che si trova in Ungheria.
Tutti gli esperti concordano su un punto: per far esplodere i “pager” bisogna far surriscaldare la batteria, ma è inverosimile azionarli a distanza senza prima averli trafficati. In un dispositivo normale l’esplosione della batteria al litio provoca una semplice fiammata, pericolosa certo, ma quasi mai letale, non una detonazione di quell’entità.
Gli 007 israeliani avrebbero dunque inserito dei circuiti esplosivi all’interno dei cercapersone poi fatti esplodere attraverso degli impulsi a frequenza. Per assicurarsi che i proprietari avessero tra le mani gli apparecchi, prima di farli saltare in aria è stato emesso un bip che è durato alcuni secondi, il che spiegherebbe perché la gran parte dei feriti è stata colpita alle mani e al volto e non alla vita e alle gambe.
Come precisa la Reuters: «Sono circuiti altamente sofisticati, invisibili persino agli scanner più moderni». Insomma, uno sforzo impressionante per capacità tecnologiche e organizzazione logistica che ha totalmente colto di sorpresa i membri del “Partito di Dio”.
E dire che i militanti di Hezbollah si servono del desueto cercapersone invece che di normali smartphone proprio per motivi di sicurezza, in primis per sfuggire al controllo e alle rappresaglie israeliane. A differenza della telefonia mobile, il modello AR924 non utilizza la rete internet ma un sistema di radio messaggeria a bassa frequenza che risale addirittura lla fine degli anni 70. Un protocollo imposto direttamente dal leader del movimento Hassan Nasrallah lo scorso febbraio quando ha ordinato a tutti i militanti di distruggere i propri telefonini bruciandoli. Chi ha disubbidito alla consegna è stato immediatamente espulso.
Non è la prima volta che l’intelligence dello Stato ebraico colpisce i suoi nemici facendo esplodere un telefono: nel 1996 Yahya Ayyash, all’epoca considerato come l’artificiere di Hamas, venne ucciso nella Striscia di Gaza tramite la deflagrazione del suo cellulare. All’interno erano stati piazzati 15 grammi di esplosivo Rdx, l’operazione fu attribuita allo Shin Beth. Ma un conto è riuscire ad hackerare un singolo apparecchio, altro conto è farlo su migliaia di dispositivi.
Anche se tra le vittime non figura nessun esponente di spicco, gli attacchi simultanei del Mossad hanno dato un colpo durissimo all’organizzazione di Hezbollah, privandola dell’unico mezzo di comunicazione che fino ad ora ritenevano sicuro. Ma al di là delle conseguenze materiali, gli attentati di martedì sera rappresentano un elemento centrale della guerra psicologica in corso tra Israele, l’Iran e i suoi proxy di Hamas e Hezbollah in quanto contengono un minaccioso messaggio: lo Stato ebraico può colpire ovunque e in modo sorprendente tutti i suoi nemici.