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L’Algeria che attende le presidenziali del 18 aprile è il Paese ribolle di una rabbia sotterranea. Lo testimoniano le manifestazioni della settimana scorsa in diverse città. Prima venerdì 22 e poi in misura maggiore domenica 24 marzo sono stati migliaia i cittadini scesi in strada per dire no al quinto possibile mandato per l’eterno presidente Abdelaziz Bouteflika.
Al potere dal 1999, Bouteflika ha 81 anni, nel 2013 è stato colpito da un ictus che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Una situazione che da più parti viene vista come un ostacolo insormontabile per continuare a governare. La tempra però è quella del combattente ma anche di un uomo che ha fatto della gestione del potere la sua vita. In occasione del giuramento da parte di Tayeb Belaiz, come nuovo presidente del Consiglio costituzionale, Bouteflika ha detto: «Certo, non ho più le stesse forze fisiche di prima, ma il desiderio di servire il mio paese non mi ha mai lasciato e mi permette di superare i limiti dei problemi di salute».
Retorica a parte, il movimento che attraversa l’Algeria, composto in massima parte da giovani, protesta soprattutto contro un apparato accusato di corruzione e clientelismo. Il blocco di potere incarnato da Bouteflika, secondo i suoi detrattori, impedisce da più di 60 anni la costituzione di uno stato di diritto. La speranza scaturita dalla lotta per l’indipendenza dalla Francia sembra così essere stata tradita da tempo.
Difficile dire se si sta ripetendo lo schema che portò alle cosiddette “primavere arabe”, al momento i manifestanti scendono in piazza anonimamente rispondendo alle chiamate lanciate sui social network. Anche sfidando i divieti di manifestare come quello in vigore ad Algeri dal 2001. Si è visto in occasione della protesta organizzata domenica scorsa dall’organizzazione Mouwatana ( Cittadinanza) nelle strade della capitale. Immediatamente è intervenuta la polizia circondando la zona del raduno, arrestando i dimostranti.
Ma la miccia accesa potrebbe bruciare fino allo scoppio definitivo. Il ricordo della guerra civile tra Stato e i gruppi armati islamisti del Gia, scoppiato dopo lo scioglimento del Fronte Islamico di salvezza, probabile vincitore delle elezione nel 1991, è ancora vivo. Fu un bagno di sangue con atrocità denunciate anche da Amnesty International. Ora però nonostante l’apparato repressivo del governo sia rimasto fortissimo, la situazione sembra diversa.
Bouteflika sta perdendo consenso anche da parte di quella società civile laica che lo ha appoggiato fino ad ora. Il quotidiano francofono El Watan cita non a caso cita il voltafaccia compiuto da numerosi artisti famosi in Algeria, che nel 2014 avevano sostenuto l’attuale presidente. Sul fronte politico opposto a Bouteflika c’è soprattutto Rachid Nekkaz, un uomo d’affari quarantasettenne nato in Francia.
Per impegnarsi in politica ha rinunciato alla cittadinanza transalpina. Di lui si ricorda, oltre alla candidatura come presidente nel 2014, la difesa di alcune donne che in Europa avevano violato le leggi contro l’uso del burqa pagando multe salatissime che erano state comminate.
Nekazz sta girando l’Algeria insieme a due altri candidati, l’anziano Tahar Missoum e il presentatore televisivo Ghani Mahdi. Le cronache riportano della presenza di grandi folle durante i comizi dei contendenti di Boutlefika ma Nekazz fa la parte del leone sui social network, strumento che sembra padroneggiare ed usare in maniera più che efficace.