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Tre magistrati ai domiciliari. E, con loro, un deputato regionale siciliano. È l’ultimo effetto della lunga indagine su presunte sentenze “comprate” avviata un anno fa dalle Procure di Messina e di Roma e imperniata attorno all’avvocato Piero Amara, del Foro di Catania ma con studio anche a Roma, ritenuto dai pm il terminale di una sorta di “centrale di acquisti giudiziaria”. Le ordinanze cautelari eseguite ieri portano la firma della gip capitolina Daniela Caramico D’Auria e si basano sull’accusa di corruzione in atti giudiziari. Riguardano in particolari l’ex giudice del Consiglio di Stato, ora in pensione, Nicola Russo, già arrestato a marzo 2018 con l’immobiliarista Stefano Ricucci; l’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano Raffaele de Lipsis, già sospeso dalle funzioni giurisdizionalidue anni fa; il deputato regionale siciliano Giuseppe Gennuso, siracusano della lista “Popolari e autonomisti”; e un altro magistrato in pensione, l’ex consigliere della Corte dei Conti Pietro Maria Caruso.
Si tratta di provvedimenti restrittivi riguardanti fatti già da tempo oggetto d’indagine. Tanto che, poco dopo la notizia sulle ordinanze della gip di Roma, dall’ufficio stampa della Giustizia amministrativa si prova a fare ordine, visto che nei primi lanci di agenzia e sulle testate on line si era subito parlato di operazioni condotte materialmente a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, e presso la sede del Consiglio di Giustizia amministrativa siciliano. Niente di tutto questo, considerato che appunto i due magistrati amministrativi coinvolti, Russo e de Lipsis, sono l’uno «in pensione dal 2015» e l’altro «già sospeso dal servizio dal 2017 con misura cautelare disciplinare». Oltretutto le stesse ipotesi di reato che ieri hanno prodotto gli arresti domiciliari per i quattro indagati riguardano, nel caso dei due magistrati amministrativi, «sempre i medesimi episodi». Si tratta insomma di illeciti già contestati a toghe ormai «non in servizio», e non ha quindi senso ipotizzare perquisizioni nei palazzi dove un tempo gli interessati lavoravano.
A parte il caso di Russo, secondo i pm destinatario di una presunta tangente da 20mila euro, pagata da Amara per l’aggiustamento di tre fascicoli, gli altri tre destinatari delle misure sono chiamati in causa per la sentenza che annullò le elezioni regionali a Siracusa e consentì così a Gennuso di essere eletto al “secondo round”, dietro pagamento di una presunta tangente da 30mila euro.