PHOTO
Gli avvocati di Napoli nella Sala dei Baroni del Maschio angioino con le manette ai polsi espongono cartelli con su scritto "rispettate la Costituzione", all'inaugurazione dell'anno giudiziario, per protestare contro la riforma della prescrizione
Il segnale di una insofferenza non più sostenibile, della determinazione a battersi con tutte le forze contro la riforma della prescrizione, era emersa nell’avvocatura già nei giorni e nei mesi scorsi. Ma alla cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario celebrata questa mattina a Napoli, il dissenso ha raggiunto forse la sua espressione più clamorosa: gli avvocati sono entrati nella sala in manette e con la Costituzione sotto al braccio. Una delle forme di protesta più dirompenti che si ricordino da parte della professione forense. A metterla in atto, nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino dove si tiene l’inaugurazione presso la Corte d’appello napoletana, è l’Ordine degli avvocati del capoluogo. Che ha esposto decine di cartelli con su scritto “rispettate la Costituzione”. E che dà così seguito a una mobilitazione ormai incessante da parte dell’intero ceto forense, e in particolare dei penalisti. È di martedì scorso infatti la manifestazione organizzata a Roma dall’Unione Camere penali, che hanno presidiato piazza Montecitorio proprio nel giorno in cui, alla Camera, è arrivata in aula la legge Costa, che abrogherebbe la riforma Bonafede. La norma voluta dal Movimento 5 Stelle e in particolare dal ministero della Giustizia elimina l’effetto della prescrizione una volta pronunciata la sentenza di primo grado. È in vigore, sotto tale forma, dal 1° gennaio. E anche se dispiegherà materialmente la propria efficacia quando si sarà consumato il termine di prescrizione per i reati più lievi (che si estinguono in 5 anni) tra quelli commessi dall’inizio di quest’anno, fin da subito la modifica dell’istituto ha iniziato a condizionare la prospettiva dei nuovi indagati. I quali sanno di dover fare i conti con il rischio che già un eventuale rinvio a giudizio spalanchi dinanzi a loro l’incubo del processo senza fine.