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Boualem Sansal
La sentenza è arrivata come una lama dopo un processo farsa durato appena venti minuti: lo scrittore franco- algerino Boualem Sansal è stato condannato a cinque anni di prigione da un tribunale di Dar Al- Beïda, sobborgo alla periferia di Algeri. Il procuratore ne aveva chiesti dieci. I giudici lo hanno ritenuto colpevole di attentato alla sicurezza e all’integrità territoriale dello Stato e di aver fornito informazioni riservate all’ex ambasciatore di Parigi Xavier Driencourt. Non potrà beneficiare della libertà condizionata.
Il casus belli un’intervista rilasciata alla rivista francese Frontières in cui ha accusato l’Algeria di aver sottratto illegalmente dei territori al Marocco lungo il confine occidentale durante l’epoca della decolonizzazione.
In carcere da cinque mesi, nelle prime settimane di detenzione si è saputo molto poco dello stato di salute del romanziere, che ha 80 anni ed è affetto da cancro alla prostata, condizione incompatibile con la reclusione. Le visite consolari normalmente autorizzate ai detenuti stranieri sono state rifiutate alle autorità francesi mentre la presenza sul posto del suo avvocato François Zimeray, è stata resa impossibile poiché le sue due richieste di visto sono ancora in attesa di risposta.
Che si tratti di un verdetto politico appare chiaro dalle parole pronunciate dal presidente algerino Abdelmadjid Tebbun lo scorso dicembre davanti al parlamento, parlando dello scrittore come «un impostore che non conosce nemmeno il nome di suo padre». E a nulla sono servite le proteste della Francia, con il presidente Macron che ha chiesto inutilmente la liberazione di Sansal. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha anche fatto la voce grossa, dicendo che «la Francia, patria dei diritti umani, non può rimanere ferma e zitta», mentre il ministro degli Esteri Jean- Noël Barrot ha boicottato la cerimonia di fine ramadan alla Grande moschea di Parigi, da sempre legata ad Algeri. Come hanno spiegato gli stessi avvocati dello scrittore, l’unica speranza è un provvedimento di grazia concessa dal presidente.
Uno degli aspetti più tristi del caso Sansal è stato il comportamento della sinistra francese, in particolare della France Insoumise di Jen Luc Mélenchon. Lo scorso 23 gennaio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invocava l’immediata rimessa in libertà del romanziere, ma i deputati della Fi hanno votato contro o si sono astenuti. Lo hanno fatto per «non venire strumentalizzati», dicono, ricordando che la risoluzione era stata presentata da partiti di destra e di estrema destra e che la rivista Frontières è una pubblicazione vicina al partito di Marine Le Pen.
Un’esibizione indecente di politicismo in cui il posizionamento conta più dei principi e dei valori che la France insoumise afferma di difendere. C’è da dire che, in un esercizio di pura schizofrenia, anche alcuni eurodeputati socialisti francesi si sono astenuti, spiegando di essere a favore della liberazione di Sansal ma contro il testo della risoluzione perché tra le varie cose vincola gli aiuti finanziari francesi ad Algeri a progressi reali nel campo dei diritti umani. Insomma in pasticcio inaudibile. Ma non sarà invece che Sansal sta sulle scatole a molti pezzi della sinistra d’oltralpe ( e non solo) per le sue posizioni durissime contro il fanatismo religioso, specie l’islamismo radicale, riprese ( in questo caso sì strumentalmente) dalla destra nazionalista e identitaria? A pensar m