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«Sul caso Orlandi papa Francesco e il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, vogliono che emerga la verità senza riserve». E' quanto dichiara in un'intervista al Corriere della Sera il Promotore di Giustizia della Città del Vaticano, il professor Alessandro Diddi, classe '65, affermato penalista e docente di procedura penale, che oggi incontrerà Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, scomparsa 40 anni fa, e l'avvocatessa Laura Sgrò.
Il procuratore vaticano spiega anche la sua metodologia per scavare sul "caso Orlandi" affermando di aver ritenuto «di far confluire in un unico fascicolo tutte le informazioni reperite avendo compreso la rilevanza del materiale che avevo a disposizione» e che «in concomitanza a questa iniziativa, in Italia, è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta e pertanto vi sarà una proficua collaborazione tra i due Stati».
Ricevuto da Papa Francesco l'incarico lo scorso gennaio, il procurato Diddi afferma anche di aver ricevuto «massima libertà d'azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di "parresia" evangelica e tale approccio è ciò che più conta» in quanto «il desiderio e la volontà ferrea del Papa e del Segretario di Stato sono di fare chiarezza senza riserve» sull'intera vicenda Orlandi.
Indagini per rogatorie
«Il mio team ed io non possiamo fare indagini in Italia: per le indagini sul suolo italiano devo interfacciarmi con la Procura della Repubblica di Roma e col nuovo Procuratore Francesco Lo Voi. Le relazioni tra le due rispettive Procure sono sempre state cordiali e i risultati proficui. In questa nuova fase, qualora vi saranno gli estremi, valuteremo la possibilità di inviare al ministro Nordio rogatorie chiedendo all’Autorità giudiziaria italiana di compiere gli approfondimenti ritenuti necessari così come siamo disposti, nell’ottica della reciproca collaborazione, a eseguire eventuali richieste che la Procura di Roma volesse far pervenire a noi» spiega il professor Alessandro Diddi.
«In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni. Gli approfondimenti eseguiti dovranno emergere, perché sono attività di indagine destinate a confluire integralmente nei fascicoli dell’Ufficio e di questo anche le gerarchie vaticane sono pienamente consapevoli. Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione. Questo rischio non lo voglio correre, non me lo posso permettere. In Vaticano conoscono tali mie prerogative e ho raccolto ampie garanzie poiché siamo accomunati dagli stessi intenti», ha concluso.
In merito alla Banda della Magliana, secondo Diddi «il ruolo nel caso Orlandi temo sia stato sopravvalutato, sebbene esistano alcune evidenze. La situazione, tuttavia, impone un inquadramento più ampio».