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Nuovi Cie ma con una denominazione diversa, rimpatri forzati degli irregolari e lavoro non retribuito. Questo è il decreto legge sull’immigrazione varato ieri dal Consiglio dei ministri. Ad annunciarlo in conferenza stampa è il premier Paolo Gentiloni. «Sono misure - spiega che attrezzano il paese a nuove sfide, innanzitutto per rendere più rapidi i processi di riconoscimento di asilo per i rifugiati, rendendo più trasparenti l’accoglienza e facilitando i rimpatri». Si tratta del piano del Viminale ufficializzato dal ministro dell’Interno Marco Minniti durante l’audizione alle commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato. «Serve la possibilità di utilizzare i richiedenti asilo per lavori di pubblica utilità - ha spiegato -, finanziati con fondi europei. Non si creerà una duplicazione nei mercati del lavoro, perché non sarà un lavoro retribuito». Ufficializzate anche le nuove linee programmatiche su immigrazione e sicurezza: «Bisogna abbattere i tempi di risposta per i richiedenti asilo, che sono mediamente di due anni. Bisogna quindi intervenire dal punto di vista legislativo riducendo di un grado di giudizio per i ricorsi e con assunzioni nelle commissioni d’asilo». Conferma, inoltre, una linea dura in tema di rimpatri: «Non mi accontento - ha sottolineato Minniti - del foglio di via. In condizioni di civiltà e rispetto, chi non ha diritto a restare deve esser riportato nel paese di provenienza». ll tema dei rimpatri forzati è particolarmente caro al ministro, il quale ha specificato che «se funzioneranno, partiranno i rimpatri volontari assistiti, per i quali prevediamo il raddoppio dei fondi».
Nella nuova programmazione in tema di migranti, cambia anche il sistema di accoglienza temporanea e dei centri dedicati all’individuazione e al rimpatrio dei migranti irregolari. Minniti ha annunciato l’intenzione di sostituire gli attuali Cie con strutture denominate Cpr- Centri Permanenti di Rimpatrio. Un cambio di nome, ma non di sostanza: il nuovo piano dell’Interno, infatti, prevedrebbe la riapertura di un centro per regione, con capienza totale di 1600 posti sul territorio nazionale.
Nel corso degli anni, la campagna “LasciateCIEntrare” ha denunciato una serie infinita di violenze, rivolte, atti di autolesionismo, suicidi e morti all’interno di questi tipi di strutture oltre che d’illegalità nella loro gestione sia operativa che rispetto alle procedure d’identificazione ed espulsione. Un sistema che ha già ampiamente dimostrato la sua dannosità ed inutilità. “LasciateCIEntrare” spiega che ad oggi sono 4 i Cie operativi in Italia – Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino – dotati di 574 posti disponibili di cui effettivi 359. Al 30 dicembre 2016 risultavano trattenute 288 persone. L’istituto del trattenimento è di fatto una misura coercitiva che incide sulla libertà personale la cui natura giuridica si sostanzia in una forma di privazione della libertà, sia pure di natura amministrativa. Dal 1 gennaio al 15 settembre 2016, le persone transitate nei Cie sono state 1.968. Di queste, 876 sono state rimpatriate, circa il 44%. Rimpatri costosi e non rispettosi dei diritti umani.
A ciò va aggiunto che avere un quadro completo del costo globale del sistema della detenzione amministrativa è complesso, data la scarsa trasparenza del sistema. Si stima che dal 2011, la spesa complessiva per la loro gestione sia stata di almeno 18 milioni di euro. Un costo elevatissimo, a cui corrisponde una situazione disperata nei centri: un grosso business sulla pelle dei migranti che viene perpetrato a nome della sicurezza nazionale. “LasciateCIEntrare” stronca anche la proposta sul lavoro non retribuito ai richiedenti asilo. Lo definisce lavoro forzato perché «è questo l’unico modo per definire il lavoro gratuito che i migranti dovranno prestare agli enti locali e alle aziende private, in attesa che le commissioni si pronuncino sulla loro domanda di asilo». Secondo LasciateCIEntrare le espulsioni, centri di rimpatrio, lavoro obbligatorio, procedure rapide per l’asilo sono solo parte di una gestione europea della mobilità che punta a fare dei migranti forza lavoro ricattabile. «È quanto mai urgente propone la campagna -, come ha recentemente dichiarato Emma Bonino insieme a molti sindaci italiani, chiedere l’abolizione della Bossi Fini, vera fabbrica della clandestinizzazione dello straniero». Le alternative a tutto ciò sono possibili e quanto mai urgenti. In tal senso, le istanze della campagna “LasciateCIEntrare” continueranno ad essere sottoposte alle forze parlamentari, politiche, amministrative, istituzionali e alla società civile finché non giungeranno risposte adeguate a comprendere l’entità della sfida in atto e misurarsi sulla stessa con un conseguente senso di responsabilità.