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Sembra un paradosso, ma mentre a Milano dal primo gennaio non si può più fumare neppure per strada, se non a dieci metri di distanza da altri cittadini, nella notte dell’ultimo dell’anno un gruppo di ragazzi ha potuto inerpicarsi sulla statua di Vittorio Emanuele secondo in piazza Duomo e insultare l’Italia e le forze di polizia.
A dispetto della “zona rossa” appena istituita dal prefetto. Proibizionismo per molti e protezione per alcuni? Ammutolita la città e le sue istituzioni, silente o assente il sindaco Beppe Sala, pare che una coltre di senso di colpa abbia avvolto il luogo dell’accoglienza e dell’integrazione. Quella piazza stracolma, in cui in modo colpevole e incomprensibile sono stati aboliti dal Comune i concerti di capodanno, ma che ugualmente nella notte di san Silvestro si colma della sua massima capienza, ha lanciato un grido e un’immagine che davvero, e non per modo di dire, ha fatto il giro del mondo. Fino alle orecchie ipersensibili di Elon Musk. E non solo. Ragazzi “di seconda generazione”, si chiamano.
Ne abbiamo riconosciuti alcuni di recente nel quartiere di piazzale Corvetto e piazza Gabrié Rosa, periferia sud, e la tragica rincorsa con i carabinieri alle calcagna fino alla morte del giovane Ramy Egami nella notte del 23 novembre scorso. Una corsa che era paura, ma anche rabbia e sfida, due sentimenti che abbiamo ritrovato nella notte di capodanno. “Vaffanculo Italia” e “polizia di merda” non sono lo sfogo di ragazzini ubriachi e neanche di teppistelli con la voglia di menar le mani.
Quell’arrampicata fin sopra al monumento, quello sventolio di bandiere palestinesi, quei linguaggi misti che non erano solo lingua italiana, ma parole di Paesi d’origine delle famiglie di ragazzi nati in Italia, hanno dato l’immagine che non avremmo voluto vedere, quella di un pezzo di Islam fuori contesto. La città dell’accoglienza sembra aver fallito il suo compito, proprio quello del rispetto, invocato dal messaggio di fine anno del Presidente Sergio Mattarella. Qui le famiglie sono arrivate, si sono radicate, hanno trovato lavoro, hanno mandato i bambini a scuola. Ma che cosa succede dentro le loro quattro mura di casa? È un fatto, anche molto scenografico, che quei ragazzi degli insulti di piazza Duomo erano tutti maschi.
La prima domanda da farsi è dunque questa: dove erano a festeggiare la fine del 2024 le loro sorelle? Erano chiuse in casa, così come sono chiuse nei loro abiti- prigione quando le vediamo per le strade della città? E poi, vista la denuncia delle ragazze belghe molestate in quella stessa piazza, è questo il modo di trattare le donne, quelle di famiglia sequestrate e le “altre”, le infedeli, molestate?
La seconda domanda: poiché Milano ha una solida tradizione di forte politica dei servizi sociali, il sindaco e la giunta hanno ancora nelle proprie mani il controllo della situazione che si è creata negli ultimi quindici anni del loro governo della città e della politica delle porte aperte a tutti? Ma la palla va anche rilanciata alla scuola. Non è un mistero il fatto che la borghesia milanese, davanti a quella che a molte famiglie è parsa una vera invasione e per il timore, spesso fondato, che la difficoltà dell’apprendimento della lingua possa rallentare i progressi scolastici, si sia rivolta preferibilmente al settore degli istituti paritari per i propri figli. Lasciando i “ragazzi di seconda generazione” abbandonati a se stessi.
A questo fenomeno se ne è aggiunto un altro, che ha messo in crisi quel sostrato di sicurezza sociale con cui nel passato l’amministrazione comunale aveva rassicurato il mondo delle persone anziane, che a Milano sono il 30% della popolazione, della disabilità e della povertà. Oggi pare tutto affidato al robusto settore del privato sociale, che pure non è sufficiente. Perché il sindaco e la giunta sembrano sempre impegnati in altro, nell’accoglienza di chi viene da fuori, prima di tutto. Famiglie cui non viene spiegato che essere ospitati da una città accogliente non è un diritto, e che rispettare le regole dovrebbe essere la prima forma di riconoscenza.
Non c’è più “educazione” in questa città. E questi ragazzi detti “di seconda generazione” crescono come degli sbandati, perché nessuno si occupa di loro, né con il bastone né con la carota. Mancano del tutto a Milano, e pare incredibile, spazi pubblici culturali o sportivi, proprio mentre si consente di costruire senza impegnarsi nel fornire anche servizi ( come vuole la legge che vogliono cambiare). Così questi ragazzi coltivano solo la rabbia, un po’ perché non si accontentano e perché vorrebbero tutto, mentre vedono il lusso di una città dei grattacieli che non sentono loro. Crescono impugnando le bandiere della Palestina magari senza neanche capire perché, e con la musica Trap perché rappresenta la loro rabbia, e osannando le droghe e la ricchezza consente loro di sognare. Magari di essere come i gangster americani degli anni venti e di avere potere e successo. E donne, senza bisogno di doverle molestare, né di arrampicarsi su una statua equestre insultando il Paese che ti ospita, perché è l’unico modo per farsi vedere, per esistere. Che cosa sta succedendo a Milano, sindaco Sala? Tante belle aiuole e piste ciclabili saranno sufficienti per l’integrazione?