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Va bene, siamo a uno stato delle cose talmente avanzato che non c’è bisogno del processo: ormai l’indagine sui presunti accessi abusivi nei database di via Giulia, in cui sono coinvolti, con un finanziere e un pm della Direzione Antimafia, anche tre nostri colleghi di Domani, è roba storicizzata, buona per gli archivi.
Tanto è vero che i vertici di due delle Procure coinvolte, Raffaele Cantone di Perugia e Giovanni Melillo della Dna, ne parleranno davanti a diverse commissioni parlamentari, come si fa appunto con le vicende ormai acquisite agli annali. E d’altra parte noi del Dubbio come potremmo far finta che sull’indagine a carico (anche) dei tre giornalisti non sia già tutto cristallizzato in un dogma?
Noi stessi abbiamo ricevuto, via whatsapp, copia dell’invito a comparite destinato agli accusati, un atto di 64 pagine firmato dal procuratore Cantone e dalla pm Reale. Un file, sapete, di quelli in cui c’è, in foto, praticamente un’intera fase preliminare. Direte: ma non è roba segreta? Eh, in effetti lo è: i nostri colleghi di Domani sono da un paio di giorni additati in qualità di colpevoli per condotte presentate come illecite senza che siano mai comparsi davanti a un giudice in modo fa far valere, grazie a un avvocato, il loro diritto di difesa.
Dite che questa roba è strana, che vìola la presunzione d’innocenza? E infatti riferire, sulla stampa o altrove, di un procedimento penale nei suoi ancora segreti dettagli sarebbe un reato, previsto come tale dall’articolo 684 del codice, certo sanzionato con pene risibili, ma pur sempre un reato. Ne sono vittime i nostri colleghi, al pari del pm e del finanziere della Dna. Ma è vittima, a dire il vero, chiunque incappi in un’indagine e veda spiattellato tutto sui media quando ancora si è nella fase preliminare. Ne è vittima anche, e capita spesso, pure il politico o il potente di turno.
Saremo pazzi noi, ma siamo convinti che le notizie su un procedimento penale dovrebbero circolare nei limiti previsti dalla legge, e dall’articolo 27 della Costituzione. Le Corti europee ritengono possa esservi un’attenuata tutela della privacy per chi ha un ruolo pubblico, ma non possono imporre a uno Stato di non considerare reato le violazioni del segreto istruttorio. Le leggi sulla riservatezza e l’impubblicabilità degli atti giudiziari esistono, al pari delle leggi che qualificano reati come la corruzione. O le rispettiamo tutte, le leggi, o meglio il far west. Almeno, nella jungla della civiltà, è più chiaro che può capitarti di tutto.