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Giulio Andreotti, Giorgia Meloni e Bettino Craxi
Per lunghezza e quantità Giulio Andreotti scherzò per un certo tempo sui suoi rapporti con la magistratura, allora filtrati dalla Commissione parlamentare inquirente e altri congegni scomparsi, evocando le guerre puniche. Se fosse vivo, le estenderebbe con la sua ironia tagliente alla giovane Giorgia Meloni, succedutagli dopo tanti anni a Palazzo Chigi, per la vicenda giudiziaria che lei stessa ha rivelato. E che di punico ha anche un riferimento geografico, visto che il percorso del generale libico Almasri contestato alla premier e ad altri esponenti del suo governo porta sulle coste africane. Dove Almasri è tornato scampando a un ordine di arresto internazionale in Italia e, in coincidenza o contropartita, si sono ridotte le partenze improvvisamente aumentate di immigrati clandestini destinati alle nostre coste.
Chissà se non si finirà per ridere o sorridere anche di questa avventura giudiziaria della Meloni, come Andreotti faceva delle sue prima di incorrere in quella che alla fine però gli costò un processo di mafia con epilogo misto di assoluzione e prescrizione e uno addirittura per il delitto del giornalista Mino Pecorelli, conclusosi con assoluzione piena. Ma a carriera politica di Andreotti ormai chiusa, per quanto egli fosse rimasto senatore a vita sino appunto alla morte grazie alla nomina conferitagli in precedenza dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Più che alle vicende di Andreotti tuttavia quella della Meloni è stata generalmente ricondotta all’avviso a comparire mandato nel 1994 al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dalla Procura della Repubblica di Milano sull’onda emotiva e politica che aveva già scosso e fatto crollare la cosiddetta prima Repubblica. Avviso peraltro notificato al capo del governo a mezzo stampa, prima che un ufficiale dei Carabinieri glielo potesse materialmente consegnare.
Da Berlusconi a Meloni, si è scritto e titolato in una linea di continuità del centrodestra. Non va però dimenticato il clamoroso divieto imposto nel 1985 dal Quirinale del già citato Cossiga al Consiglio Superiore della Magistratura che voleva processare a suo modo l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi. Che non si dava pace delle modeste sorti giudiziarie, chiamiamole così, degli assassini di Walter Tobagi, l’inviato del Corriere della Sera colpevole anche, per chi lo volle morto, di godere della stima e dell’amicizia del leader socialista.