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I modelli esistono. E i media li veicolano. Tra i giovani e non solo. Perciò il discorso da cui parte Nando Della Chiesa a proposito di “Gomorra” e della trasmissione, da un fenomeno mediatico, di paradigmi che entrano nella vita reale, ha un notevole interesse.
Però la condivisione con l’intervento firmato dall’ex parlamentare sul Fatto Quotidiano di ieri si ferma qui. Il resto – in particolare il nesso tra le giovani leve criminali napoletane, comprese quelle di Caivano, e la produzione derivata dall’opera prima di Roberto Saviano – francamente ci sembra eccessivo, a dir poco. Torniamo a un’antica, e non proprio gradevolissima, polemica. Quella secondo cui Saviano, con i propri libri, avrebbe avuto non il merito del disvelamento, ma addirittura la colpa dell’istigazione. È un’accusa che circola ormai da più di quindici anni, dall’uscita del primo “Gomorra” e del film che ne ha trasferito il racconto in immagini. È un’idea assai diffusa anche a Napoli, soprattutto in una parte della borghesia intellettuale partenopea. Offesa dall’aver visto la propria città rappresentata con la ferocia dei boss, con la degenerazione criminale più estrema. “Napoli non è solo questo, Saviano ci ha danneggiati anziché denunciare la piaga”, è il senso di quella reazione indignata.
Con Nando Dalla Chiesa siamo su un piano in apparenza diverso: l’obiezione è che l’epica inaugurata da “Gomorra” costituisca non tanto una distorsione deturpante dell’immagine di Napoli ma un modello deviante per i giovani, fino a trascinarli nella vera e propria delinquenza camorristica. No, non siamo per nulla d’accordo. E troviamo sorprendente un’interpretazione simile. Un conto è il riflesso che dalla cultura pop ( le serie tv) trasmigra nel quotidiano della società generalmente intesa: e qui un qualche contagio dal fenomeno “Gomorra” ( ci riferiamo al piccolo schermo e non certo non ai libri di Saviano, magari fosse che gli adolescenti leggessero così tanto) c’è stato e si vede ancora. Ma parliamo di giovani che appartengono a svariate fasce sociali e che non c’entrano nulla col sistema camorristico.
Ci riferiamo a linguaggi, atteggiamenti, posture che in effetti, soprattutto fino a qualche anno fa, a Napoli e dintorni hanno, come dire, fatto tendenza, sono appunto diventati paradossalmente di moda. Ora forse il fenomeno è in fase calante, ma ripetiamo ancora una volta: si tratta di dinamiche sottoculturali che nella sostanza non hanno mai tracimato in veri e propri gesti criminali.
Tutt’altro è sostenere che Saviano sia stato un modello addirittura per i veri e propri baby- camorristi: cioè, non possiamo credere che i giovanissimi in sella alle enduro, protagonisti delle cosiddette stese, scorribande con colpi di pistola esplosi in aria, abbiano letto “La paranza dei bambini” di Saviano e poi siano passati dalle parole ai fatti. No, non sta in piedi, non ce ne voglia Dalla Chiesa. Primo perché quella gente, purtroppo, non legge. Secondo, perché non ha certo bisogno di pescare nella letteratura la propria fonte d’ispirazione criminale: bastano padri, fratelli o altri componenti del clan. Sono giovani che dai clan veri direttamente provengono. Che sparano, uccidono. Anche per un parcheggio, sì. Non perché si sono eccitati alle gesta di Genny Savastano, ma perché un familiare, un parente, un amico criminale ha messo nelle loro mani una pistola. Lo dimostra il fatto che i due recenti omicidi di giovanissimi per futili motivi ad opera di coetanei, quelli di Francesco Pio Maimone e Giovanni Battista “Giò Giò” Cutolo, siano stati commessi da adolescenti già in fase di affiliazione e militanza camorristica: non si trattava di ragazzi esagitati che si erano lasciati suggestionare dalle serie tv.
Ci sarebbe molto da dire su cosa condanna una quota altissima di ragazzi provenienti da famiglie malavitose a restare nella scia malefica dei padri. C’è anche, purtroppo, il senso di un malinteso antagonismo verso uno Stato e una comunità civile avvertiti come nemici, c’è al forse la risposta a un’esclusione di fatto. Non possiamo parlarne qui. Ma possiamo sentirci di confutare del tutto, questo sì, la tesi di chi, come Dalla Chiesa, pensa che tutto quanto discenda da Roberto Saviano abbia armato schiere di giovani camorristi.