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CARLO NORDIO MINISTRO GIUSTIZIA
Bilancio di fine Anno e propositi per il Nuovo. La politica securitaria che ha toccato il suo estremo nel decreto sicurezza. La situazione delle carceri: il numero spaventoso dei suicidi ne è l’aspetto più vistoso, ma la quotidianità è il sovraffollamento, che ha raggiunto livelli tali da mettere in crisi il principio costituzionale per il quale “le pene non possono costituire in trattamenti contrari al senso di umanità”. Il governo ha mostrato totale chiusura a misure che potessero alleviare la tensione.
Il “garantista” Nordio ha assegnato e mantiene la delega alla Polizia Penitenziaria a quel sottosegretario Del Mastro, che in più occasioni ha dettato messaggi all’insegna delle “maniere forti”. L’informatizzazione del processo penale ha subito un ulteriore rinvio di un anno: non è sofisticata opera di Intelligenza Artificiale, ma un applicativo, semplice come concezione, ma esigente di impegno per la funzionalità effettiva.
Decisioni di giudici di Tribunale in materia di immigrazione non sono state gradite. Elon Musk, con lo stile del ticoon padrone di hire and fire, ha dichiarato che quei giudici andavano licenziati. A difendere la dignità nazionale è dovuto intervenire il Presidente Mattarella, ma l’auspicio di Musk non è rimasto inascoltato. Non potendo licenziare quei giudici si sono “licenziate” le sezioni specializzate di Tribunale, trasferendo la competenza alla Corte di Appello.
Inascoltato l’appello di tutti i Presidenti delle Corte di appello italiani che denunciavano la ingestibilità di questo afflusso di nuovi procedimenti, la realtà ha preso il sopravvento: in diverse sedi si è dovuto ricorrere all’applicazione in Corte di giudici di tribunale, tra i quali alcuni provenienti dalla sezione specializzata del Tribunale. Decisioni di giudicanti, e ancor prima iniziative di Pm, sono state definite “abnormi” e accusate da parte di esponenti governativi di non adeguarsi “al mandato che il governo ha ricevuto dai cittadini”. Per ora sono valutazioni, talora invettive, domani è da temere potrebbero essere direttive.
Questioni delicate, problemi aperti, ma l’attenzione è sulla “madre di tutte le riforme”, la separazione delle carriere. Una affollata assemblea dell’Associazione Nazionale Magistrati ha ribadito, all’unanimità, le ragioni contrarie e ha preannunciato iniziative di informazione e sensibilizzazione nell’ipotesi si andasse al referendum. Il ministro della Giustizia auspica che in Parlamento non si realizzi la maggioranza dei due terzi e si vada al referendum: «La vittoria al referendum sulle carriere dei magistrati sarà a portata di mano se la comunicazione politica verrà affidata ad una semplice domanda: siete contenti, cari cittadini, di com’è oggi la magistratura? Se non lo siete votate sì al referendum confermativo».
Più che un referendum, un plebiscito e su un quesito tendenzioso. Tanto più necessarie iniziative di informazione sull’oggetto del referendum. Il Presidente dell’Ucpi, Francesco Petrelli ha avvicinato le preannunziate iniziative dell’Anm a pericolose “fratture extra-istituzionali”. Parole incomprensibilmente forti, ma non nuove.
Nel clima prenatalizio può essere sfuggito il comunicato del 21 dicembre della Giunta dell’Ucpi, del quale riporto testualmente l’esordio: “Le assoluzioni dei senatori Renzi e Salvini, arrivate nel giro di pochi giorni, ci confermano che nel nostro Paese l’uso politico dello strumento giudiziario da parte della magistratura, che ha avuto tratti eversivi, non è mai cessato”. “Tratti eversivi”: quando, dove, chi? Sono sicuro che l’avvocatura italiana, ivi compresi coloro che sostengono il principio della separazione delle carriere (ma non l’articolato del DDL costituzionale Nordio n.1917), non condivide questi toni irriguardosi e oltranzisti. Rimango convinto dell’impegno comune di avvocatura e magistratura per le riforme atte ad assicurare funzionalità e garanzie nel processo, respingendo ogni deriva securitaria. Un grande cantiere di lavoro per il Nuovo Anno.