La polemica fra Matteo Salvini e Antonio Tajani, in ordine rigorosamente alfabetico, c’è tutta, per carità E anche diretta, non più per interposta persona. Ci sono anche lo strappo e la sfida che hanno ispirato i titoli di molti giornali sulla partita in corso fra i due pur alleati del centrodestra sul percorso politico e parlamentare della cittadinanza da concedere per il cosiddetto ius scholae, al posto di altre formule legislative ricavate sempre dal latino. C’è anche lo strappo, ripeto, per quanto la parola mi sembri esagerata dopo quello cui ci aveva abituati negli anni Settanta Enrico Berlinguer prima prendendo le distanze genericamente dall’Unione Sovietica, considerata ancora madrepatria da tanti comunisti italiani, poi rifugiandosi in una intervista sotto l’ombrello della Nato per proteggersi pure lui da Mosca, infine rimediandosi un attentato di reazione per sua fortuna fallito in territorio bulgaro, e costata la vita solo al camionista che ne doveva travolgere l’auto e ucciderlo.

Poi, a dire la verità, ad esperienza conclusa della stagione della cosiddetta solidarietà nazionale con la Dc di Aldo Moro o proprio per concluderla, una volta morto Moro per mano dei brigatisti rossi, e forse anche di complici sfuggiti a tutte le inchieste e a tutti i processi, Berlinguer si rifiutò di partecipare alla riparazione dell’ombrello della Nato. Che nel frattempo era stato bucato metaforicamente dai missili SS20 puntati dalla Russia contro le capitali dell’Europa occidentale, installati nelle basi dell’alleanza rossa del Patto di Varsavia. E lo strappo rimase solo quello da tutti gli altri partiti italiani in una esaltazione moralistica della “diversità”, cioè superiorità, del Pci. Nella cui convinzione il povero Berlinguer morì sul campo quarant’anni fa comiziando sino all’estremo delle sue forze fisiche. E riuscendo da morto a sorpassare la Dc, sia pure di poco e in un turno elettorale europeo, ininfluente sugli equilibri interni italiani.

Ma torniamo ai nostri giorni e al loro più modesto strappo, che è quello annunciato dai giornali fra Salvini e Tajani. L’uno avvertendo che la cittadinanza è solo formalmente fuori dal programma di governo, come ritiene l’altro prendendosi la libertà di votare come vuole in Parlamento, ma è riconducibile al problema dell’immigrazione. Che di quel programma fa invece parte importante, anzi dirimente. E l’altro continuando a reclamare libertà d’azione e d’iniziativa, cioè ignorando o facendo finta di non avere sentito la musica dell’altro.

Torniamo a questo argomento per chiederci tuttavia se l’apparenza equivalga alla sostanza. Se lo scontro sia davvero, o soprattutto, quello fra Salvini e Tajani e se esso invece non nasconda o non sia addirittura funzionale ad un’altra partita, Che è quella in corso, con tanto di titoli - anch’essi- sui giornali e di sfide, almeno nei fatti, fra Matteo Renzi e Antonio Tajani, pure loro in ordine rigorosamente alfabetico.

Renzi, a dire la verità, è impegnato da qualche tempo nella sua penultima scoperta, che è quella del cosiddetto campo largo dell’alternativa alla Meloni, cui si è proposto giocando, fra l’altro, al pallone con la segretaria del Pd Elly Schlein e passandogliene uno peraltro sfortunato, finito in porta ma annullato. Ma l’ex premier cerca di far capire agli elettori moderati del centrodestra, che continuano ad essere i suoi interlocutori preferiti e immaginari, che è costretto a giocare a sinistra per l’incapacità di Tajani, appunto, di occupare, salvaguardare, difendere e fare avanzare lo spazio di centro nella coalizione di destra.

Così Tajani diventa nelle interviste scritte e parlate di Renzi “Re Tentenna”. E se ne prevede alla fine la resa a Salvini pur di evitare una crisi di governo. E magari Tajani alla fine sarà costretto per disperazione anche alla crisi pur di difendere l’elettorato del suo partito non dalle invadenze e quant’altro dei figli di Silvio Berlusconi, di cui tutti scriviamo un giorno sì e l’altro pure, bensì dall’assedio o dalle incursioni propagandistiche di Renzi. Ma forse mi sono spinto troppo avanti con l’immaginazione, le previsioni, i timori, chiamateli come volete. E mi fermo al triangolo Renzi- Salvini- Tajani, sempre in ordine alfabetico, attendendo pazientemente e prudentemente la fine dell’estate, l’autunno, l’inverno e forse anche la primavera dell’anno prossimo.