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President Donald Trump holds an executive order in the Oval Office of the White House Wednesday, April 9, 2025, in Washington. (Pool via AP) Associated Press / LaPresse Only italy and spain
A margine dell’incontro di lunedì scorso con Netanyahu, Donald Trump ha rispolverato uno dei suoi preferiti cavalli di battaglia, ovvero l’esaltazione dell’età dell’oro americana terminata nel 1913, anno in cui “un genio” (sua ironica definizione) ebbe la brillante idea di introdurre le imposte sul reddito.
Il genio, per la cronaca, era il Presidente Woodrow Wilson che firmò un provvedimento legislativo, il Revenue Act del 1913, presentato dal parlamentare Oscar Underwood. L’idea di Trump, più e più volte ribadita, è che bisogna arrivare a sostituire le tasse sul reddito, che gravano sugli americani, con i dazi, che graverebbero su di noi (cioè sul resto del mondo). Proprio come si faceva prima del 1913.
Senza voler approfondire in questa sede l’argomento, il fatto, cioè, che sia tutto da dimostrare che i dazi verrebbero pagati dal resto del mondo e non dai consumatori Usa, nel grafico (dati Fondo Monetario Internazionale) viene riportato un dettaglio che, immagino, sfugga a Trump, nonché ai suoi elettori, vale a dire l’ammontare della spesa pubblica statunitense.


Nell’ultimo anno prediletto da Trump, il 1913 (indicato dalla freccetta nel grafico), gli Usa registravano una spesa pubblica inferiore al 2% del PIL (1,95%, a essere pignoli). Oggi supera il 36%. Prima del 1913, in poche parole, il Governo di Washington praticamente non aveva uscite, e quindi si poteva permettere di avere pochissime entrate, e non avere tasse sul reddito: i dazi bastavano.
Le cose cominciarono a cambiare poco dopo, con la Prima guerra mondiale con le relative spese in armamenti. Poi, altro balzo negli anni della depressione, gli anni ‘30 di Roosevelt, anni nei quali, però, la spesa pubblica rimase comunque sotto il 20%.
Mi si lasci aprire un inciso: a tutti i sedicenti keynesiani di casa nostra, che in genere si son ben guardati dal leggere Keynes, e che citano Roosevelt e il New Deal ogni due per tre, bisognerebbe ricordare questo dato (e cioè che allora la spesa rimase contenuta entro il 20%) e confrontarlo con il valore italico attuale (circa il 54%, saremmo fuori grafico) per tentare di far comprendere che una cosa è allargare la spesa pubblica partendo sostanzialmente da quasi zero (come si fece col New Deal), tutt’altra lo è partendo (come oggi da noi) da valori enormi. Non è proprio la stessa cosa. Fine inciso.
Con gli anni Trenta, però, termina la pace e, subito dopo, la spesa pubblica si rialza nuovamente, per far fronte alle necessità della Seconda guerra mondiale. Terminato il conflitto, l’incidenza della spesa per qualche anno diminuisce, ma poi, torna ad aumentare, trainata dal Vietnam prima, e, in seguito, da un più generale intervento pubblico, per esempio nel welfare. Trump quindi invidia il 1913 e anni antecedenti perché non c'erano tasse sul reddito, che poi ' qualche genio', pensò bene di introdurre. Ma tornare a quell’età dell’oro mica è complicato (in teoria): basta ridurre la spesa pubblica di circa 34 punti percentuali sul PIL e riportarla al 2% o giù di lì, com’era allora.
Se non ci sono uscite, non c'è nemmeno bisogno di entrate, che siano tasse sul reddito o di altra natura. Facile, no? Che ci vuole? Auguri vivissimi, ma non scommetterei cifre altissime su una felice realizzazione del piano.