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Tutto come previsto, tutto come annunciato: una frangia del corteo che sfilava a Roma per il 25 aprile ha contestato i manifestanti della brigata ebraica. Immaginate la scena: un gruppo di ragazzotti che accusa di “fascismo genocidario” i nipoti di chi è morto nei campi di concentramento.
Parliamo, tanto per capirci, dei figli dei figli dei sopravvissuti di Auschwitz Birkenau, Dachau; di chi ha i cognomi impressi sulle pietre d’inciampo che lastricano i vicoli del ghetto di Roma, di chi vive con la memoria del 16 ottobre 1943, il giorno in cui più di mille ebrei romani vennero rastrellati dai tedeschi con la complicità attiva delle milizie fasciste ed il silenzio codardo di migliaia di italiani. Insomma, quei ragazzotti sono caduti nel più classico e sciocco schema mentale che sovrappone gli ebrei italiani alle politiche criminali di Netanyahu. Una sovrapposizione semplice, banale, eppure pericolosissima.
Ora, noi possiamo decidere di liquidare quell’aggressione come la follia isolata di un manipolo di ragazzotti idioti ma tutto sommato innocui e non rappresentativi. Oppure possiamo decidere di non accontentarci di questa semplificazione e provare a unire fatti simili che in questi mesi riproducono quello stesso identico schema: ebreo uguale governo israeliano, uguale criminale. E potremmo iniziare questo viaggio dalla Columbia University dove, qualche giorno fa, un professore è stato cacciato dagli studenti perché ebreo. E poi passare a Stanford dove un docente ha chiesto, si fa per dire, ai suoi studenti ebrei di mettersi in un angolo della classe: “Perché questo è ciò che Israele fa alla Palestina".
E poi potremmo tornare in Italia dove troveremmo che il direttore di Repubblica Molinari è stato cacciato dall’Università Federico II di Napoli e il giornalista David Parenzo dalla Sapienza di Roma. E indovinate un po’? Anche loro sono ebrei. Ma è di certo un caso, l’iniziativa isolata di qualche ragazzotto un po’ troppo focoso e passionale. Solo che queste “iniziative isolate”, queste ragazzate, iniziano a diventare un po’ troppe e forse qualcuno dovrebbe iniziare a preoccuparsi, a interrogarsi se per caso lì a sinistra non stia montando qualcosa che può sfuggire di mano.
Certo, uno pensa agli antisemiti e immagina un manipolo di energumeni coi capelli rasati, la svastica tatuata sul braccio e la mano tesa. E se non fosse così? Se il nuovo anitsemitismo avesse invece gli occhialini, la giacca di velluto, le Clarks ai piedi e sedesse proprio accanto a noi?